La vita del pensiero è reale. I Maestri schizofrenici di Hans Prinzhorn

03/07/2023

Nel 2022 è stato celebrato il centenario del pionieristico libro di Hans Prinzhorn, Bildnerei der Geistekranken («Le produzioni plastiche dei malati mentali»), che presentava un materiale d’eccezionale interesse psichiatrico e artistico, ovvero una collezione imponente di disegni, quadri, e sculture di circa 450 pazienti ricoverati in cliniche ed asili europei, e offriva i lineamenti di una prima, provvisoria, teoria della figurazione aperta ai problemi della psicopatologia.

Fino ad allora non esistevano sul tema pubblicazioni di così ampio respiro, con tantissime illustrazioni, alcune a colori e a tutta pagina, di cui veniva evidenziato il valore estetico e non solo diagnostico, e che inaugurava un nuovo sguardo sulle espressioni della follia. Psichiatra ma anche storico dell’arte, Prinzhorn apriva un campo nuovo, l’interesse per i confini tra la psicopatologia e la creazione artistica.

Hans Prinzhorn (1886-1933)

Pubblicato nel 1922, il volume presentava una selezione dell’imponente materiale raccolto presso la clinica psichiatrica di Heidelberg in due anni di lavoro, tramite una sorta di montaggio, dallo scarabocchio all’opera dei dieci Maestri schizofrenici, e individuava una teoria della Gestaltung plastica, connessa al bisogno d’espressione. Appena uscito, il libro di Prinzhorn ebbe subito un notevole successo, tanto che l’anno seguente apparve una seconda edizione. Si presentava come un libro d’arte, ricco di immagini – «il più bel libro di immagini che ci sia», come ebbe a dire Paul Éluard. La sua influenza negli anni tra le due guerre fu enorme, sia in ambito psichiatrico sia in ambito artistico, anche se non sempre riconosciuta. Basti pensare all’influsso su artisti come Alfred Kubin, Paul Klee, Oskar Schlemmer, Max Ernst, o Jean Dubuffet. Per i surrealisti divenne una specie di «Bibbia underground», e anche negli Stati Uniti dopo il 1945 è stato fonte di ispirazione per il movimento dell’espressionismo astratto, interessato ai modi d’espressione direttamente rivelatori dell’inconscio.

Edizione originale di Bildnerei der Geisteskranken, 1922

Il convegno per il centenario del libro di Prinzhorn organizzato nel 2022 a Heidelberg – dove la Collezione dal 2001 è diventata un Museo presso l’Ospedale psichiatrico universitario – ha fatto il punto sul suo lavoro, sulla sua modernità e insieme anche sui suoi limiti, le sue ombre. Argomento controverso è stata la compromissione di Prinzhorn col nazionalsocialismo a partire dal 1930, nella vana speranza di un finanziamento per la creazione di una rivista «apartitica, libera, nazionale, per il rinnovamento culturale del popolo tedesco», progetto che gli stava particolarmente a cuore, e nell’illusione che la sua voce potesse indirizzare alcune scelte culturali del partito, come nel caso della raccolta di firme organizzata per protestare contro la chiusura del Bauhaus a Dessau, che ovviamente non ebbe successo. La morte prematura di Prinzhorn a 47 anni nel giugno 1933 in seguito a una febbre tifoide gli risparmierà di vedere lo stravolgimento delle sue idee, l’espropriazione della Collezione esposta nella Mostra dell’Arte Degenerata e l’assassinio di molti autori della Collezione (tra i quali il suo artista preferito, il maestro Franz Karl Bühler), vittime del cosiddetto «Programma eutanasia», sul quale è prevista a Heidelberg una mostra nell’autunno 2023.

Un aspetto particolarmente interessante delle celebrazioni del centenario presso la Sammlung Prinzhorn a Heidelberg è stato l’approfondimento dell’opera di due autori della Collezione, Else Blankenhorn e Heinrich Hermann Mebes, che originariamente dovevano far parte dei Maestri schizofrenici nella parte conclusiva del volume, ma che poi per problemi editoriali erano stati esclusi, e su cui Prinzhorn si riprometteva di ritornare.

Heinrich Hermann Mebes, Manoscritto illustrato, c. 1900

Heinrich Hermann Mebes (1842-1918) era un orologiaio di campagna che aveva passato più di trent’anni in un asilo e che a un certo punto aveva iniziato a disegnare, lasciando alla sua morte una serie di quaderni con numerosi acquerelli, accompagnati da scritti in versi e in prosa. In Bildnerei der Geistekranken è riprodotto a colori un suo acquarello a grandezza originale, una composizione molto raffinata che Prinzhorn commentava ampiamente e non esitava a paragonare all’arte di Philipp Otto Runge, alle miniature persiane o a quelle medievali, e sul quale annunciava a breve una monografia, che tuttavia non uscì mai. Ora è in programma presso la Collezione un importante volume con la riproduzione di tutte le opere di questo artista, che dovrebbe uscire entro il 2023.

L’opera di Else Blankenhorn è stata oggetto invece di una mostra straordinaria, prolungata fino a metà marzo 2023: Else Blankenhorn. Dopotutto, la vita del pensiero è reale. Unica artista donna che doveva far parte dei Maestri schizofrenici, nel libro di Prinzhorn non compare affatto, e quindi, sebbene alcuni dei suoi lavori siano stati esposti in varie collettive, la sua opera non era conosciuta nel suo insieme. Ora la mostra le rende il dovuto omaggio.

Else Blankenhorn (1873-1920)

Else Blankenhorn (1873-1920) apparteneva a una famiglia benestante, il padre era un ricco proprietario terriero a Karlsruhe, aveva un’importante azienda vinicola e aveva fondato il primo istituto enologico tedesco. Else riceve una tipica educazione altoborghese: sa dipingere, cantare e suonare il piano. Ma a 26 anni perde la voce per un grave esaurimento nervoso. Viene ricoverata a Bellevue, la famosa clinica psichiatrica privata diretta da Ludwig Binswanger a Kreuzlingen, sul lago di Costanza, dove in quegli anni sarebbero stati ricoverati anche Ernst Ludwig Kirchner, Vaclav Nižinskij e Aby Warburg. Nel 1906 avviene un nuovo definitivo ricovero con la diagnosi di schizofrenia. A Bellevue Else ha una sua personale dama di compagnia, ricama, suona, compone musica, scrive e traduce poesie, e dal 1908 inizia a dipingere e disegnare. In 12 anni, dal 1908 al 1920, anno della sua morte, produce moltissime opere, acquerelli, dipinti ad olio, disegni.

Else Blankenhorn, Autoritratto come cantante, 1908-1919

I suoi autoritratti la raffigurano come cantante, come in effetti era stata, o con una corona imperiale, il volto attorniato spesso da un’aureola mistica. Molto interessanti le sue rappresentazioni di paesaggi naturali e animali, come ad esempio Il cavaliere rosso, che ricordano l’espressionismo tedesco e hanno molto colpito, probabilmente influenzandolo, Ernst Ludwig Kirchner, ricoverato anche lui a Bellevue nel 1917.

Else Blankenhorn, Il cavaliere rosso, 1908-1916

L’aspetto più singolare delle creazioni di Else Blankenhorn sono le sue banconote. L’autrice dipinge talleri e marchi di cifre esorbitanti, billioni, centuploni, quadruploni, tagli di moneta inventati per finanziare la sua missione, come imperatrice di Germania. Il Kaiser Guglielmo II, suo «marito spirituale», spesso rappresentato nei suoi lavori da solo con lineamenti piuttosto femminili o in coppia con lei, le aveva dato l’incarico di finanziare la resurrezione e il mantenimento di tutte le coppie di amanti che erano stati sepolti ma non erano deceduti, dando loro così un’altra possibilità.

Else Blankenhorn, Banconota, 500 centuploni di marchi, 1908-1919

L’Allegoria con la coppia imperiale ci mostra una sorta di missione compiuta: la coppia imperiale, lei e Guglielmo II, sovrasta una coppia di amanti in procinto di risorgere dalla tomba. Il progetto di Else è curiosamente analogo a quello di Aloïse Corbaz, una delle protagoniste maggiori dell’Art Brut, che internata in Svizzera dopo aver lavorato come governante in Germania ci ha lasciato incredibili immagini del suo amore per Guglielmo II e della loro coppia imperiale.

Else Blankenhorn, Allegoria con la coppia imperiale, 1908-1919  

Come nel caso di Mebes, Prinzhorn intendeva dedicare a Else Blankenhorn una monografia, che però non uscì mai. Nella Collezione sono presenti molte opere di questa autrice, Prinzhorn le aveva potute recuperare facilmente a Bellevue dato il suo stretto rapporto con Binswanger. La seconda moglie di Prinzhorn, Erna Hoffmann, era stata ricoverata a Bellevue nel 1912 per una grave psicosi, e proprio sulla scia di questo ricovero Prinzhorn aveva iniziato gli studi di medicina, dopo quelli di storia dell’arte.

Nell’ottobre 1920 Binswanger aveva visitato la Collezione a Heidelberg riportando sul suo diario l’«impressione sconvolgente» delle opere che vi erano raccolte. Appena pubblicato, il libro di Prinzhorn girava a Bellevue. Sappiamo che durante il periodo della malattia e del suo ricovero a Kreuzlingen, Warburg l’aveva sfogliato «con molto interesse», anche se l’indomani era su tutte le furie: «il libro di Prinzhorn sarebbe stato fatto apposta per lui».

Collezione Prinzhorn, Heidelberg

Con questi due preziosi approfondimenti che integrano e portano a termine i progetti di lavoro di Prinzhorn, la Collezione ci appare sempre più come un capitolo importante della storia dell’arte moderna: un capitolo sotterraneo, rimosso, ma capace ancora di interrogarci. La crisi del senso, la disgregazione, la frammentarietà, assieme al disagio di un’estraneità perturbante, sono parte della nostra modernità e delle forme che la riflettono.

In copertina: Else Blankenhorn, Autoritratto con aura, 1908-1916

Fiorella Bassan

ha insegnato Ermeneutica artistica presso il Dipartimento di Filosofia della Sapienza Università di Roma. Si occupa di teoria dell’immagine e dei rapporti tra rappresentazione artistica, creatività e marginalità. Tra le sue pubblicazioni: “Al di là della psichiatria e dell’estetica. Studio su Hans Prinzhorn” (Roma 2009), tradotto in francese nel 2012; “I Salons di Antonin Artaud: 1920-1924” (Milano 2012); “Antonin Artaud. Scritti sull’arte” (Milano 2013); “Immagine e figurazione. Hegel, Warburg, Bataille” (Roma 2013). Ha curato l’edizione italiana di Carl Einstein, “Scritti sull’arte. «Documents» (1929-1930)”, con M. Spadoni (Milano 2015), e “Georges Bataille. Figure dell’Eros”, con S. Colafranceschi (Milano 2016).

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