Leonardo Magrelli, festa immobile

23/06/2023

Con la sua personale d’esordio (visti suoi lavori alla collettiva Ascolto il tuo cuore, città, da Magazzino nel ’21, e nell’ambito del duo Vaste programme in Cascasse il cielo, da Unosunove la scorsa primavera), Leonardo Magrelli prosegue da un lato il suo tour delle più dinamiche gallerie di ricerca della Capitale (notevole infatti è pure Divario, spazio gestito al quartiere Prati da Filippo Tranquilli) e dall’altro, soprattutto, la sua esplorazione delle dinamiche più fuzzy di quella che è invalso definire (d’après Joan Fontcuberta) «postfotografia»: così intendendo l’espressione artistica che concettualmente manipola, appunto in postproduzione, immagini “vernacolari” o comunque prodotte da soggetti terzi e anonimi.

Se nel libro d’artista West of Here, pubblicato due anni fa negli Stati Uniti, Magrelli interveniva su frames estrapolati da un videogame di grande diffusione come Grand Theft Auto V, sottilmente “spostando” quelle immagini e variamente “falsandole” onde ricondurle all’imagery più codificata della cine-città per antonomasia che è Los Angeles (così creando un post-spazio cui ha dato il nome di «Los Santos»), con Follia sacra si avvicina al cuore di tenebra della post-realtà nella quale, volenti o nolenti, tutti sguazziamo: è sui social media che ha rinvenuto infatti alcuni brevi video, tutti verosimilmente realizzati con telefoni cellulari, riferiti ai festeggiamenti per la Madonna del Soccorso che si svolgono ogni anno, la terza domenica di maggio, a San Severo in provincia di Foggia.

Leonardo Magrelli, Senza titolo, 2023 © Studio Daido

La processione del gruppo statuario che raffigura la Madonna col Bambino (curioso sincretismo nel quale la prima è una “Madonna nera” mentre il secondo, dall’incarnato bianchissimo, è stato sostituito a quello originale da un restauro settecentesco) è un appuntamento fisso, nella località pugliese, dalla fine del Cinquecento; ma è dai primi del Settecento che si registra l’usanza di accompagnarla con spettacoli pirotecnici di grande e variopinta intensità. Cito da una compiaciuta voce di Wikipedia: «parenti delle mascletás valenciane, le “batterie” sono sequenze di esplosioni: aprono lo spettacolo le “rotelle”, isolati giochi di luce e rumore; segue la “batteria” propriamente detta, una lunga miccia che, bruciando, fa esplodere botti in ritmica successione (a una serie di colpi ordinari corrisponde uno scoppio più forte, la “risposta”, e ogni tre risposte deflagra la “quinta”, un botto più violento, detto anche “rispostone” o “calcasso”), intervallata da bengala, mortaretti, fontane, “strappi” (colpi simultanei), accelerazioni delle risposte e squassanti frenate con cadenzate esplosioni di quinta, il tutto in crescendo verso l’ultima sezione del fuoco, il “finale” (o “scappata”), velocissimo e fortemente ritmato, che aumenta (anche coll’incendio sincrono di micce parallele) fino all’ultima grande detonazione».

Leonardo Magrelli, Senza titolo, 2023 © Studio Daido

A questa panoplia di sights ’n’ sounds s’è aggiunta poi, nell’ultimo secolo, l’ulteriore usanza dei «fujenti»: parte della cittadinanza, incurante di botti e ritorni di fiamma, si sfida a correre «appresso il fuoco» il più ravvicinatamente e orgiasticamente possibile (personalmente ricordo con un brivido l’essere stato una volta coinvolto – diciamo anzi travolto – da un rito analogo, la Corsa dei Ceri di Gubbio). Periodici tentativi dell’ordine pubblico di mitigare i pericoli per cose e persone sono stati sempre rigettati con sdegno dalla comunità. Ma nell’edizione del 2020 s’è aggiunto, a sfidare il furore della devozione popolare, il giro di vite sicuritario del lockdown. Inderogabilmente vietato, il rito s’è però svolto ugualmente in forma clandestina: documentato, dunque, solo dalle immagini video di cui s’è detto. All’abreazione esplosiva – è il caso di dire – della festa popolare (pesco sempre dal web le parole fiammeggianti da un sacerdote dedicate a una cerimonia simile, quella della Madonna dell’Arco che si svolge nel santuario omonimo in Campania: «Qui si viene per lanciare un urlo! Qui si viene per gridare! Qui si viene per far esplodere finalmente dal cuore il grido della povera vita umana stritolata ogni giorno. Madonna dell’Arco è il luogo dove la vita umana porta all’aperto le sue malattie, i suoi dolori, le sue angosce, i suoi terrori. […] Ecco cos’è la Madonna dell’Arco: la concretizzazione, la pietrificazione del dolore umano che viene qui per rovesciarsi, come lava incandescente ai piedi della Vergine. […] Lei prende l’uomo così poveretto com’è e lo fa diventare figlio di Dio») si aggiunge così il fascino irresistibile del proibito: a fare di quei video, mossi sfocati e quasi inintelligibili, qualcosa di simile a degli snuff movies.

Leonardo Magrelli, Senza titolo, 2023 © Studio Daido

La follia sacra è, per tradizione, quella arcaica e crudele dei riti dionisiaci celebrata dalla tragedia attica (si pensi alle Baccanti di Euripide), tramite la quale faceva da necessario collante sociale della comunità; ma i cui protocolli, come si vede, sono sopravvissuti sincretistici ben entro la ritualità cristiana dei popoli mediterranei. Le estasi delle mistiche, come il «divino entusiasmo» dei poeti, sono altre tracce culturali di questo incandescente sostrato antropologico. Questo materiale già di per sé così precario e sfuggente, questa lava incandescente di immagini, viene sottoposta da Leonardo Magrelli al suo ormai brevettato trattamento di ambiguazione programmatica: ogni volta accostando due frames consecutivi, fra loro distanti una frazione di secondo, e componendo con queste due immagini stampe lenticolari che, all’osservatore, danno l’illusione del movimento e della profondità. Si tratta di una tecnologia molto semplice, introdotta a metà del secolo scorso e fondata sull’effetto di parallasse (la variazione di posizione apparente di un corpo osservato da diversi punti di vista) che consente alla nostra vista di apprezzare la terza dimensione; un artista che l’ha elevata a medium di grande raffinatezza è Luigi Ontani.

Leonardo Magrelli, Senza titolo, 2023 © Studio Daido

Ma l’effetto conseguito da Magrelli ha qualcosa di paradossale. Se l’eccitazione della festa mobile di paese risulta monumentalizzata ma anche raggelata dalla fissazione su immagine fotografica (è l’effetto per esempio di un libro fotografico celebre come Feste religiose di Sicilia, realizzato nel 1965 da Ferdinando Scianna e Leonardo Sciascia), che inevitabilmente sovrappone una lente estetizzante su fini iniziali di natura antropologica, queste immagini lo-fi mantengono invece un aspetto radicalmente “mosso”, e non solo nel senso tecnico della qualità di ripresa. Sono immagini «interdette», nel doppio senso della parola, quelle che (scrive Tranquilli nell’hand-out in mostra) «evocano differenti significati storici e antropologici. Potrebbe sembrare di osservare, ad esempio, dei fedeli intenti a pregare, un manipolo di uomini alle prese con una battuta di caccia, un gruppo di incappucciati immersi nella celebrazione di un rituale antico, un plotone di soldati in guerra o addirittura un gruppo di ultras sfrenati».

Leonardo Magrelli, Senza titolo, 2023 © Studio Daido

Nelle undici stampe in mostra c’è qualcosa di arcaico, certo, ma anche avveniristico (un avvenire che magari non ci si augura di giungere a vedere coi propri occhi). Vi trova forma uno spazio sin troppo famigliare, alla nostra estrazione cattolico-animistica, e al contempo del tutto disambientato-disambientante: perfette incarnazioni post-reali, dunque, del sempiterno Unheimlich. L’essere occhialuto che tiene in mano a sua volta un cellulare, la cui silhouette si staglia su un chiarore fiammante e lattiginoso, è un esploratore interplanetario che impavido si addentra in terra incognita. E ci suggerisce che, passata tanta tecnologia sotto i ponti delle dialettiche dell’illuminismo, basta pochissimo per ritrasformarci nei Bestioni di vichiana memoria: esseri privi di ragione dai moti scatenati, sfrenati dervisci in rotazione, vittime e perpetratori di sacrifici umani.

Leonardo Magrelli, Follia sacra (vista della mostra) ©Studio Daido

Leonardo Magrelli. Follia sacra
Divario, Roma
18 maggio – 21 luglio 2023

In copertina: Leonardo Magrelli, Senza titolo, 2023, stampa UV su lastra lenticolare, cm 79,5 x 55,5 x 3,5 (particolare)

Andrea Cortellessa

(Roma, 1968) critico e saggista. Insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Roma Tre; nel 2018 ha tenuto la «cattedra De Sanctis» al Politecnico di Zurigo. Ha pubblicato saggi, curato testi e realizzato trasmissioni radiofoniche e televisive, spettacoli teatrali e musicali. È nella redazione del «verri» e collabora ad «Alias», «Il Sole 24 ore», «Tuttolibri», «doppiozero», «Le parole e le cose2» e altre testate.

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