Barcellona, la città invisibile

All’inizio del 2022 la casa editrice barcellonese Sfabula, fondata da Raul Ciannella, ha pubblicato il suo primo volume in catalano: La ciutat invisible. Vuit relats ucrònics barcelonins. Il progetto, nato da un’idea di Daniele Comberiati, Daniele Porretta e dello stesso Raul Ciannella, include racconti di Sara Beltrame, David Caralt, Albert Franquesa, Melian Du Lac, Enric Llorach, Inés Macpherson, Maria Antònia Martí Escayol, David Pierre e la postfazione di Carme Torras. Attraverso l’impiego del sottogenere ucronico, si susseguono otto percorsi alternativi della capitale catalana a partire da progetti architettonici realmente concepiti ma mai portati a termine. Ciascun autore ha lavorato su un progetto, immaginando che cosa sarebbe successo alla città se si fosse realizzato. Ogni racconto è introdotto dall’immagine del progetto originale e da una scheda storico-architettonica curata da Daniele Porretta. Quella che segue è una parte dell’introduzione dei curatori, tradotta in italiano espressamente per «Antinomie».

All’interno di ogni città reale si trovano un’infinità di altre città; sono città che uno scrittore ha immaginato o che qualcuno ha sognato; oppure città possibili perché le ha progettate un architetto, ma che nessuno ha mai costruito. Come accadde a Barcellona tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, quando decine di progetti architettonici e urbanistici furono pensati per costruire una città molto diversa da quella che conosciamo, ma che, per varie ragioni, non furono mai realizzati.

Come sarebbe cambiata la città – e chi ci vive – se lo zoo della Ciutadella si fosse trasferito al Parc Güell? E se Antoni Gaudí avesse realizzato il suo molo turistico? O se un grande viadotto attraversasse la città dal Tibidabo al Montjuïc? Sono queste alcune delle proposte che compongono il volume e che immaginano le possibili evoluzioni di una Barcellona riscritta sulla base di una serie di possibilità e probabilità narrative.

Quello che vogliamo è offrire un complesso prisma di otto città e otto storie che emergono da queste Barcellona. Se guardiamo con attenzione, tale prisma ci permetterà di riflettere sull’importanza della dimensione urbana e architettonica degli spazi in cui viviamo: se modifichiamo un elemento architettonico o urbano, per quanto piccolo, e immaginiamo un’alternativa alla realtà, le conseguenze possono essere enormi. Lo sforzo immaginativo potrebbe esacerbare i problemi attuali; o, al contrario, potrebbe scovare possibili soluzioni per risolverli.

L’architettura, come ha spiegato Mario Praz, è una delle pratiche materiali e culturali che con più sicurezza può mostrarci il ductus di un dato periodo; in altre parole, i progetti architettonici che disegnano un’area urbana, un parco, uno zoo, un albergo o qualsiasi casa, sono proiezioni di una visione del mondo e anche dei possibili corpi ideali che lo abitano. Per questo il fatto di ripensare in chiave narrativa questi progetti architettonici o urbanistici – come è stato fatto nei nostri otto racconti – permette, da un lato, di recuperare una visione del mondo del passato e, dall’altro, di stabilire un “ponte” critico con questo passato, legato all’idea che abbiamo del presente, e anche dei desideri, delle speranze e delle paure che ci dominano. È in questo modo che la città è metaforicamente legata alla scrittura.

Le città e la letteratura hanno d’altronde un legame indissolubile. Quando Karlheinz Stierle parla del rapporto complesso fra descrizione della città e sviluppo del romanzo nel ventesimo secolo, coniando l’espressione di “romanzo urbano”, una delle sue intuizioni più riuscite risiede probabilmente nell’identificazione del processo parallelo di scrittura: il romanzo viene scritto, e al tempo stesso la città nel testo viene concepita e percepita secondo un sistema di segni che riportano all’identico processo di scrittura. Si ha così un doppio percorso, talvolta sovrapposto, altre volte parallelo o addirittura contrapposto, di descrizione e scrittura del contesto urbano. Tanto lo scrittore prova a fissare una volta per tutte sulla carta il magma incandescente della modernità – e la città nelle sue diversissime forme è stata, almeno nel ventesimo secolo, il fulcro di questa modernità –, così la metropoli acquista segni e sensi diversi, fino a riscriversi completamente e a venir percepita quale elemento in continua mutazione.

La contemporaneità, ovviamente, non fa eccezione. Pur in un contesto di legami ipotetici e dunque non immediatamente legati alla presenza fisica di luoghi e persone, gli agglomerati urbani – coacervi di persone e di conseguenza di contatti anche virtuali, laddove i movimenti nell’uno e nell’altro senso vengono quasi raddoppiati – conservano un ruolo cruciale nella descrizione romanzesca.

Gli otto racconti che compongono il volume descrivono le possibili evoluzioni di una città che viene appunto riscritta a partire da una serie di probabilità narrative. I progetti potevano portare a una forma urbana completamente diversa da quella attuale, ma potevano anche semplicemente riguardare il singolo luogo, quartiere o edificio preso in esame, senza altri legami apparenti con le mutazioni storiche e sociali. Si è trattato di una sorta di gioco delle possibilità e delle probabilità che, attraverso il genere dell’ucronia che propone non tanto dei futuri (molti racconti sono ambientati nel passato) quanto dei percorsi cronologici alternativi.

La città, proprio per la possibilità di incontri e di strade diverse che si incrociano e si sovrappongono, è per antonomasia, almeno a partire dal diciannovesimo secolo, il luogo della possibilità in letteratura. Ogni giorno, in molte delle nostre azioni, scegliamo una strada, un percorso fra i tanti percorribili: il nostro libro è anche un tentativo di mantenere una traccia degli altri percorsi, di quelli immaginati o semplicemente ipotizzati, cancellati per fretta, volontà o errore, ma esistiti, almeno per un frammento di tempo, nei nostri pensieri. In questo senso l’ucronia ci è sembrato il genere più adatto. Abbiamo optato per modifiche apparentemente lievi della realtà – un palazzo ultimato secondo le reali volontà dell’architetto, un piano urbanistico scelto a discapito di un altro, un edificio costruito al centro di una piazza come da progetto iniziale – che però, come un effetto farfalla, potrebbero avere conseguenze marcanti nell’evoluzione della nostra storia. O forse, più semplicemente, farci pensare che un’altra storia sarebbe stata possibile.

Le storie alternative che proponiamo ci raccontano molto di paure e desideri. Così Inés Macpherson immagina una Barcellona trasformata in una gigantesca vetrina rivolta ai turisti, un teatro dalle scenografie meravigliose ma con dietro le quinte una realtà completamente diversa e inquietante. I problemi derivanti da una città assoggettata al turismo sono anche il filo conduttore del racconto di Albert Franquesa, che ci invita a visitare il famoso Hotel Attracción progettato da Gaudí per trasformare lo skyline di New York, ma che qui troviamo al centro di Barcellona. In altri racconti, invece, immaginare progetti urbani alternativi ci permette di entrare nella mente dell’architetto e di giocare con il suo modus operandi, come propone Enric Llorach, permettendoci di camminare al fianco di Antoni Gaudí mentre progetta un’urbanizzazione del Parco Güell completamente diversa da quella che conosciamo. Sara Beltrame sviluppa la metafora della città come libro e ci mostra, attraverso un dialogo sorprendente, che scrivere “ponte” è molto diverso dallo scrivere “viadotto”, perché parole e luoghi sono segni carichi di accezioni letterali, emotive, etiche e politiche. Da parte sua, Melian Du Lac crea un’enigmatica ucronia modernista e ci invita a visitare i prodigi e le meraviglie che si nascondono negli angoli più nascosti del molo che il giovane Gaudí progettò quando era ancora uno studente di architettura; mentre David Pierre trasforma questo molo in una fortezza che è il centro delle politiche e delle cospirazioni di una Barcellona distopica. Sempre distopica, ma ricca di poesia e umorismo, è la Barcellona di Maria Antònia Martí Escayol, che, attraverso una prospettiva postumana ed eco-ambientale, propone una favola alternativa, dove gli animali dello zoo si scontrano con un’eccentrica sindaca e i consiglieri comunali. Infine, dopo essere entrati in queste molteplici Barcellona, ​​getteremo l’ancora con David Caralt all’interno della spettacolare nave luminosa del visionario Carles Buïgas.

Le otto storie che proponiamo sono ucronie che riscrivono il passato, il presente e il futuro di Barcellona, ​​e che ci costringono anche a riflettere sulle idiosincrasie e le contraddizioni della città di oggi. Vivere in una città con i corpi significa riempirla di segni e scriverla. E scriverla significa spiegarla e far sì che ogni parola abbia un impatto significativo sull’immaginario individuale e collettivo.

Calvino nelle Città invisibili, libro a cui dobbiamo l’ispirazione per il titolo, ragionando sui futuri non realizzati li definiva come “rami secchi”. Forse è venuto il momento di relazionarci con questi “rami secchi” come se fossero ancora vivi, perché potrebbe essere anche un futuro non realizzato a darci un’idea più precisa del nostro passato, del nostro presente e forse anche a stimolarci per un domani diverso.

Raul Ciannella

è dottore di ricerca in Teoria letteraria e letteratura comparata presso l’Universitat Autònoma de Barcelona. Si occupa di Studi Culturali, con una particolare attenzione alla narrativa speculativa in tutte le sue varianti. Dal 2021 dirige la casa editrice indipendente Sfabula.

Daniele Comberiati

è professore associato di italianistica presso l’università di Montpellier. Insieme a Simone Brioni ha scritto “Italian Science Fiction: The Other in Literature and Film” (Palgrave Macmillan, 2019) e “Ideologia e rappresentazione. Percorsi attraverso la fantascienza italiana” (Mimesis, 2020). Con Chiara Mengozzi ha curato “Storie condivise nell’Italia contemporanea. Narrazioni e performance transculturali” (Carocci, 2022).

Daniele Porretta

architetto e dottore in Teoria e storia dell’architettura, insegna presso Elisava, Barcelona School of Design and Engineering. È autore del libro “L’altra Terra. L'utopia di Marte dall'età vittoriana alla New Space Economy” (Luiis University Press, 2020; tradotto in spagnolo per Siruela, 2022).

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