In questa storia c’è una raccolta di quarantatré fotografie in bianco e nero tenute insieme da una custodia di cartone pesante, che nel 1967 comincia a fare il giro delle case editrici italiane. È un reportage sulla comunità dei travestiti e transessuali di Genova che Lisetta Carmi ha iniziato a scattare due anni prima. La Morena, la Gitana, Cristina, Adriana, la Bella Elena, Roberta: figure materne, procaci, androgine, sofisticate che ricevono tanti no, ma che davanti a un no non si arrendono.
Il libro si farà nel 1972, accompagnato da testi dell’autrice e di Elvio Fachinelli, grazie a un pubblicitario, Sergio Donnabella, che crea per l’occasione la casa editrice Essedì e mette i dieci milioni necessari a stampare tremila copie dei Travestiti. Oggi quell’edizione iconica, sopravvissuta al macero per la lealtà di amici e sostenitori, è introvabile e costosa. Con quella copertina rosa e il nudo a tutta pagina – per il progetto grafico di Giancarlo Illiprandi – il volume è stato consacrato a oggetto di culto tra i collezionisti; Martin Parr nel 2004 lo ha inserito in The Photobook. A History, vol. 1. Questa, in breve, l’avventura di uno dei libri fotografici più importanti del Novecento italiano. Più volte in passato era stato proposto a Carmi di ristampare il volume, ma la fotografa aveva sempre rifiutato.

Oggi, la pubblicazione a cinquant’anni di distanza delle fotografie a colori di quello stesso reportage ci restituisce un libro che ha lo stesso titolo di quello del ’72, ma è un libro diverso; in un certo senso non è nemmeno la stessa storia, o meglio è la stessa storia raccontata in un altro modo. Nel 2017 Giovanni Battista Martini ritrova una cartellina di diapositive a colori nella casa di Cisternino di Lisetta Carmi (dove si era ritirata nel ’79 per dedicarsi alla meditazione yogi), mentre lavora con lei a una mostra per il Museo di Roma in Trastevere. Scattate contemporaneamente alle foto in bianco e nero, alternando l’uso di diverse macchine, Leica, Nikon e Rolleiflex, Carmi pensava di aver perso queste diapositive Kodak in formato 6×6 e 24×36 mm; ritrovarle e rivederle ha restituito al ricordo la vividezza originaria. Il nuovo libro uscito per Contrasto a cura di Martini, all’indomani della scomparsa dell’autrice (a 98 anni, lo scorso 5 luglio), è in continuità coi Travestiti del ’72 e ne conserva il formato e il testo introduttivo originale.

Ma quel mondo fatto di scarpe di vernice e rossetti perlati, tra carta da parati scrostata e volti riflessi in specchi imprescindibili, che Lisetta Carmi ci ha svelato, emerge nelle foto a colori in maniera ancora più autentica. È il segreto di una visibilità che era sotto gli occhi di tutti, o forse è quel segreto che ha scelto a chi spiegarsi. Il segreto è quello di un corpo che nella fotografia si dà allo sguardo, che si rapporta al mondo e a sé stesso, soprattutto che viene preso in considerazione.
Quando Carmi iniziò a fotografare i “travestiti” di Genova, nel ’65, ricorda che «fu molto complicato, perché è difficilissimo entrare nel loro mondo, nelle case dove vivono, stabilendo dei rapporti veri. C’era molta diffidenza, soprattutto perché non volevano essere trattati come fenomeni da baraccone». La invitano a una festa di Capodanno dove ci sarebbero stati uomini che si vestivano da donne e donne transessuali della zona di Via del Campo, nell’ex ghetto ebraico (ebrea era pure Carmi, che nel ’43 era dovuta riparare in Svizzera per continuare i suoi studi musicali); qui scatta le prime foto e stringe delle amicizie che la portano a trasferirsi nel quartiere per poterne documentare la quotidianità. Per i successivi sei anni condividerà con quelle persone la loro vita domestica e selvaggia, dolente e festosa, quel mistero di cui la fotografa coglie subito il nodo di attrazione e repulsione: «Li ho subito sentiti come esseri umani che vivono e soffrono tutte le contraddizioni della nostra società come minoranza ricercata da una parte e respinta dall’altra». Di queste contraddizioni Carmi non sfrutta il potenziale provocatorio, piuttosto si fa strumento di persone che si mostrano al mondo come vogliono essere: con i loro corpi, i loro volti e i loro nomi, protagoniste e partecipi di un reportage pensato e voluto come progetto editoriale.

Provocatorie sono la normalità e la bellezza, l’intimità e la confidenza, l’occasione che si offre a chi guarda di poter stare ed essere ospite di questo femminile. Non è la nudità a sconcertare, ma il sentirsi esposti al problema dell’identità, della sua crisi e della sua affermazione. Tutti lottiamo per essere noi stessi, ma alcuni di noi devono lottare di più, «hanno però il coraggio di fare quello che fanno e di affrontare una realtà spesso drammatica e violenta». Se avesse dovesse scrivere oggi l’introduzione e scegliere un titolo per il suo progetto, Lisetta Carmi non avrebbe più uesato la parola «travestiti», che non tiene conto della complessità e della fluidità dei sentimenti, delle identità e delle appartenenze. Ma già allora era consapevole dell’impotenza del vocabolario e di quanto le parole siano fragili, a confronto delle immagini, nel campo delle rivendicazioni.
I suoi ritratti hanno la qualità estetica dell’editoriale di moda e insieme la profondità di un’esplorazione dell’umano; di cosa significava allora, ma anche di cosa significa, oggi, per noi. Un’indagine sui confini tra maschile e femminile condotta direttamente sulla propria pelle. L’influenza dei grandi miti tradizionali legati all’immagine della donna ma anche dei nuovi miti hollywoodiani, la sinuosità della figura che può promettere sesso e protezione, il trucco come gioco quasi infantile e come raffinato esercizio di cura per sé stessi, il colore come celebrazione e il gesto, la posa, lo sguardo come affermazione della libertà di esistere.

Mi diceva un travestito, riferendosi alla sua vita privata e non certo al suo lavoro: «Quando io ho un rapporto d’amore, non mi importa se è con un uomo o con una donna: è un essere umano che in quel momento mi dà se stesso e al quale io do me stesso». Una difesa dell’omosessualità? No. Forse è invece un’apertura verso rapporti umani più veri e più liberi e il rifiuto di rapporti standardizzati e violenti. E non è un caso che proprio lo stesso travestito, che anni fa appariva come una bellissima donna, oggi ha ritrovato la sua parte maschile, attende con gioia un figlio dalla donna che ama, e non fa più il travestito. La sua stata un’avventura umana, un ritrovarsi da solo con le sue sole forze, in una società che per difendere dei principi non è più capace di vedere gli uomini.
Lui e tutte le altre persone ritratte si sono date a questo libro con quello stesso spirito, si sono consegnate come un atto d’amore che è sempre un atto di forza. Tante avventure umane, con diversi sviluppi e diversi epiloghi, tanti corpi, tanti nomi, tante idee di donna e una sola domanda: «Chi sono?».
Lisetta Carmi
I travestiti. Fotografie a colori
a cura di Giovanni Battista Martini
Contrasto, 2022
160 pp. ill. col., € 39
Immagini: Lisetta Carmi © Martini & Ronchetti