Harvey W. Cushing, pioniere della neurochirurgia moderna, nacque l’8 aprile 1869 a Cleveland, Ohio, studiò medicina alla Yale University e alla Harvard Medical School e conseguì la laurea nel 1891. Nel 1896 si trasferì al Johns Hopkins Hospital dove si formò per diventare chirurgo sotto l’occhio vigile di William S. Halsted, il padre della chirurgia americana. Fu professore ad Harvard fino al 1932, poi a Yale, dove rimase fino alla morte. Cushing è una delle figure più lodate nella storia della medicina. In quanto a diligenza, innovazione e abilità, il padre della moderna neurochirurgia fu insuperabile soprattutto in ambito pediatrico, con particolare attenzione all’anamnesi individuale. All’inizio della sua carriera egli ridusse drasticamente il tasso di mortalità per neurochirurgia e, al momento del suo pensionamento, nel 1937, ebbe rimosso con successo oltre duemila tumori alla sfera cerebrale. Prima di Cushing, i pazienti spesso morivano dissanguati durante la chirurgia intracranica, con un tasso di mortalità che si avvicinava al 50%. Grazie all’introduzione di emostasi rigida, asepsi, elettrocoagulazione e altre procedure messe a punto dal neurochirurgo di Cleveland, i tassi di mortalità crollarono al 10%.

Nella vita Cushing fu persona dura, un severo padre vittoriano con difficoltà a relazionarsi con moglie e figli, a cui impose austerità di comportamento nel quotidiano, disapprovando il jazz, i film, i vestiti alla moda, le telefonate, i fidanzati. Nel rapporto con i collaboratori il neurochirurgo non ebbe carattere accondiscendente, riducendo a volte le infermiere alle lacrime, pretendendo il massimo impegno da tutti ed un’alta dose di immolazione al lavoro, con settimane di 98 ore lavorative e l’assecondamento di ogni sua tendenza sperimentale. Per contro la compressa sensibilità di padre si riversò, aprendosi, nel rapporto con i pazienti: la premura e la dedizione di Cushing nei confronti di questi furono assolutamente illimitate, la determinazione ad essere padre accorto e sensibile per figli «altri» fu tale da ottenere in risposta un’incondizionata fiducia.

Mentre insegnava presso l’Harvard Medical School ed esercitava presso il Peter Bent Brigham Hospital di Boston, un particolare evento arrivò come un terremoto nella vita del neurochirurgo. Bill, suo figlio, in una notte di festa che celebrava la fine del suo ultimo anno di studi a Yale, morì a causa di un terribile incidente automobilistico. La reazione di Cushing alla morte di Bill mise in crisi profondamente il suo complesso senso del dovere. Questo trauma lo spinse a sviluppare maggiore empatia verso gli altri ed a operare al massimo delle sue possibilità per salvare vite.
Alcune delle procedure mediche del neurochirurgo furono fotografate agli inizi del ‘900 e, tra il 1900 e il 1933, furono realizzate più di diecimila fotografie in posa, in bianconero, di pazienti nei vari stadi di trattamento (l’identità della maggior parte dei pazienti fotografati non è tuttora nota).

A Cushing interessò fotografare personalmente gran parte dei soggetti, anche se, negli ospedali dove lavorò, vennero impiegati, sotto la sua supervisione, vari operatori per la realizzazione delle fotografie degli interventi, dei pazienti, dei medici all’opera e del personale ospedaliero. Di una parte del team si è riuscito a risalire ai nomi, fra questi Elsa Rowell, Ernest Fewkes ed il dottor Walter Boyd, allievo di Cushing durante il suo tirocinio e la residenza a Boston. Di particolare valore diagnostico furono le inquadrature di volti e di mani: ad esempio una tendenza alla deformazione o i difetti delle unghie furono evidenza di alcune patologie.

Molte delle prese fotografiche, di rara intensità, convogliano l’estremo rigore ed una pietas nei confronti della fragilità umana; il documento analitico, funzionale allo studio dei risultati degli interventi neurochirurgici e, al contempo, una partecipazione emotiva intrisa di dolcezza. Non è difficile comprendere l’appeal di queste immagini: mentre vi è pulsione a ritrarsi alla vista di alcuni dettagli crudi di dichiarato interesse scientifico, si è catturati dall’espressività dei soggetti ritratti, si ha un trasporto totale verso l’essere umano in tutta la sua vulnerabilità. Prive di qualsivoglia morbosità dello sguardo, queste fotografie riescono, pur con una forte valenza icastica, a farci immaginare la complessità della psiche umana e quanto sia delicato ed instabile il filo diretto che essa instaura con ciò che il corpo manifesta. Sono chiaramente frutto della regia di una grande mente, quella di un uomo che, oltre ad essere un medico straordinario, fu anche abile disegnatore e scrittore (di Cushing l’affascinante biografia del fisico canadese William Osler, in tre volumi, che vinse il premio Pulitzer).

Le implicazioni fra i contenuti delle fotografie e la nascita della storia delle neuroscienze, rende poi esponenziale un interesse incrociato. Bisogna dire grazie ad una donna, la dottoressa Louise Eisenhardt, che, per prima, dette un forte impulso al progetto dell’archivio, intuendo le relazioni interne ed esterne che i materiali raccolti avrebbero potuto mettere in campo favorendo studi a vario livello.

Per anni, il corpus delle immagini, per lo più negativi su lastra di vetro, insieme ad una copiosa collezione di cervelli conservati in barattoli trasparenti, rimasero in un umido seminterrato / dormitorio della Yale University. All’inizio degli anni ’90 il materiale fu scoperto da alcuni studenti di medicina che, sgattaiolando attraverso vespai bui, arrivarono alla «stanza dei cervelli». Questi giovani intraprendenti si unirono siglando un sodalizio per diventare membri della «Brain Society». Fu solo negli anni ’90 che uno studente di nome Christopher John Wahl si interessò al recupero dei materiali e fu successivamente trovato un finanziamento per riesumarli dal seminterrato.

Il «Brain Tumor Registry», la conservazione minuziosa del lavoro di Harvey W. Cushing e del suo retaggio culturale, è ora stabilmente nella sede della prestigiosa Università americana; esso comprende oltre 2.200 Case Studies e include, oltre ai campioni di cervello umano ed ai negativi fotografici, anche note, estratti di riviste, pubblicazioni di vario tipo, testimonianze della storia della medicina neurologica fin dal suo debutto. Alla collezione di cervelli è stato assegnato uno spazio espositivo nel Harvey Cushing / John Hay Whitney Medical Library (struttura di grande interesse che merita senz’altro di essere visitata), mentre le circa quindicimila lastre fotografiche sono in corso di catalogazione e digitalizzazione. Una parte delle immagini sta finalmente iniziando a essere condivisa con il pubblico e si spera che al più presto venga realizzata una pubblicazione che ne contenga un’accurata selezione.
Immagine di copertina: © The Harvey Cushing Brain Tumor Registry / The Cushing Center at Yale / John Hay Whitney Medical Library