È uscita da Zacinto edizioni la plaquette Prisma di Maria Borio (pp. 39, € 10), undicesimo titolo della collana «Manufatti poetici» diretta da Paolo Giovannetti, Antonio Sixty e Michele Zaffarano, che ne cura anche la grafica. La collana si segnala appunto per il layout, a tutti gli effetti considerato parte integrante del testo (in questo caso la copertina riproduce un’immagine di Sixty). Appropriatamente Borio vi prosegue la ricerca sinestetica di Dal deserto rosso, tramite un curioso recupero d’archivio che non può non far pensare alla glassarmonica inventata in quegli stessi anni da Benjamin Franklin, e qualche tempo dopo impiegata fra gli altri da Mozart (ma se ne trova traccia anche nella partitura della Lucia di Lammermoor, dove accompagnava la celebre scena della pazzia; si diceva infatti che per il suo suono penetrante la glassarmonica inducesse negli ascoltatori stati di tensione eccessiva e in certi casi pericolosa, ma per il disuso nel quale era caduto lo strumento Donizetti fu costretto a sostituirlo con un flauto; non è un caso però che a quanto pare sia stato impiegato anche nella mescola sonora di Shine on you crazy diamond, il brano dedicato dai Pink Floyd all’amico Syd Barrett «obscured by clouds»). Per la cortesia di autrice ed editori proponiamo qui un estratto del testo, corredato dalla sua nota iniziale.
A.C.

E. F. F. Chladni è stato un fisico del XVIII secolo che ha studiato gli effetti del suono. Osservò che una membrana o una lastra, cosparse di sabbia o polvere di licopodio, potevano avere modi di vibrazione diversi in base alla sollecitazione acustica, che corrispondevano a disegni geometrici. Alle figure di Chladni fa riferimento la cimatica di Hans Jenny. Questo poema immagina le figure di suono in poesia attraverso gli effetti sonori del linguaggio.

Ogni corpo sonoro può essere sottoposto
a vibrazioni di diverso tipo, ognuna delle quali
ha una ratio in base alla frequenza delle altre.
E.F.F. Chladni
Lei è la donna che canta forme di fiori…
M.E. Grant Duffe
Ciò che può unire l’operazione sonora e l’operazione immagine
dipende dalla ricerca dell’energia letterale della superficie.
J.-P. Courtois
Nella quarta dimensione
Primo tipo di figura – spirale. Secondo tipo – cerchio. Aumentando la frequenza – rombo. Quarto tipo – parallelepipedo in bidimensione, tridimensione… chiudi gli occhi e sei nella quarta. Chi ha davvero il coraggio di essere sé stesso? In un sogno diventavo un corpo di medusa e la vita interiore poteva mostrarsi attraversata da frequenze, vedevo tutti membrane elastiche di un eidofono e i pensieri erano immagini di bidimensione, tridimensione, trovati insieme nella quarta… Dove siamo autentici? All’improvviso mi sento così giovane, ho la testa appoggiata al finestrino di un autobus, dietro il sedile una gomma da masticare fa un fiore rosa e secco. Tutto vibra. È notte: ultima corsa. Il finestrino sbatte, il cranio in gola, la saliva densa, ogni parte più contratta nel farsi che nella parola vibrazione – forse vibes, tagliando e al plurale – strategie, innocenza? L’autobus scende a picco, il bosco nasconde frasi, il Tevere sa di… / tiber / le frequenze legano a un filo di caucciù. Se avevo la testa in su dicevo: ok boomer, non voleteci male. Se la testa era in giù: ok, lasciateli scrivere sul sedile BUFU o ACAB – voi chi avete rifiutato? Poi l’autobus va in piano e ho già sedici anni, rimbalza sul ponte e sono già a diciotto, quando cambia marcia tintinna – By Us Fuck You. Li sentite? Nel fiume i gattini hanno strappato il sacco – Ci sentite? –, vent’anni e l’ansa era stretta – da queste parti affogano sempre i cuccioli? Ma quelli risalivano la corrente sotto la luna – Sentite? – trent’anni e scendevo… – Sentite? Puoi proteggere? Animali e perdono corrono nel bosco.

Perdono non dimentico
Il ciliegio non dimenticherà: è ingenuo attribuirgli un potere? Prova ancora a star su, ma l’età non fa crescere il colore nei fiori: bianchi si confondono dentro la luce e potrebbe essere quasi estate, una corsa di qualsiasi ragazza. Il ciliegio, è vero, non ha dato mai latte, ma nella sua ombra copriva i gattini e i fiori si perdevano chissà dove come gli occhi stretti ancora chiusi oscillavano sul muso. La sua innocenza: per essere onesti una cosa che vale – perché perdonare? È un sismografo appoggiato al ciliegio la donna che canta forme di fiori – nessuno l’ha mai vista, non serve – pensa alla vita integra, autentica, nella quarta dimensione – nessuno l’ha mai provata, non serve… Qui poche cose contano: TVB, in fondo, tanta violenza bianca – stringerla e vibrare, ripetersi: perdono, non dimentico perché il legno, sai, non è un buon conduttore ma una persona sì, Chladni, porta le tue figure…

Una forma circoscrive il caos, una forma
dà armatura alla sostanza amorfa […]:
sarà di nuovo la vita umanizzata.
C. Lispector
Un sasso, ci spiegano
non è così semplice come pare.
Tanto meno un fiore.
L’uno dirama in sé una cattedrale.
L’altro un paradiso in terra.
V. Sereni

Le epigrafi sono frammenti da E.F.F. Chladni, Entdeckungen über Theorie des Klanges, Lipsia, 1787 (tr. inglese: Treatise on Acoustics, traduzione di R.T. Beyer, ASA Press/Springer, 2015) e da E.M. Grant Duffe, Notes from a Diary, Londra, 1889-1891, a proposito degli esperimenti acustici con l’eidofono di M. Watts Hughes. La traduzione italiana è mia. L’ultimo frammento, nella traduzione di F. Deotto, è tratto da J.-P. Courtois, Imaginer depuis le document, in «Littérature», 190, 2018.
Gli explicit sono tratti da C. Lispector, A paixão segundo G.H., Editora do Author, 1964 (tr. it. La passione secondo G.H., Feltrinelli, 1991) e V. Sereni, Stella variabile, Garzanti, 1981.
Le immagini sono riproduzioni delle tavole illustrative al trattato di Ernst Chladni Entdeckungen über die Theorie des Klanges (1787).