Dunque Siralos esiste. Questa rivelazione è ora definitiva, limpida come poche, o nessuna, mai. È proprio lì dove uno se l’aspetta, ci vogliono ore di curve, tornanti, saliscendi, seconda, terza, seconda, ma alla fine eccola, una città turrita a picco su una collina scoscesa, rossa sotto la luce di un sole immobile che non finirà mai di tramontare.
Dopo tanto girare, la sua apparizione è alla fine diretta, immediata. Sembra che la modernità, i suoi orrori, il suo sporco, i suoi sbagli non siano mai riusciti a scalare la rocca di Siralos, sono rimasti confinati in basso, nel purgatorio delle finte botteghe e dei finti paradores.
L’ironia è che ora è proibito salire, c’è un crollo, c’è il Covid, non si sa, sono tutte scuse, nessuno sa niente. La gente è delusa, chiede, protesta di fronte a uffici chiusi da mesi. Ma io penso alla fine è meglio così, c’è un che di drammatico e di fatale a Siralos, ma si sospetta anche l’inganno, l’esperienza falsa in un posto falso.
Meglio guardarla a distanza, continuare a dirsi mentendo: ci tornerò.