Volevo scrivere da un posto che ha una vera importanza per me. L’estate è spesso il momento in cui ci affidiamo al turismo, per consumare, rapidamente, i luoghi come prodotti, con le esperienze di un altrove ben mixate tra paesaggi, cucina e attività preconfezionate. Ma l’estate, per molti di noi, è anche il momento per ritornare alle origini. Ecco, volevo scrivere da un posto “delle origini”. E per me, non c’è dubbio, questo posto è il bosco: il bosco alpino, di pini e abeti, con qualche rara quercia e betulla. Il bosco che alterna zone secche di aghi di pino e zone umide di felci verde-azzurre, di muschi e mirtilli. Il bosco al quale sono legati i miei ricordi di infanzia e molti momenti di pura felicità.
Le montagne fanno parte del mio orizzonte da sempre. Ma alle distese di rocce, alle cime dalle forme frastagliate, ai crepacci vertiginosi e alle crete sassose, ho sempre preferito lo scenario denso di luci e ombre del bosco. Sulla montagna si respira un’aria di solitudine, spesso evocata dagli alpinisti – che, arrivati in vetta, ormai lontanissimi dalle abitazioni e dal mondo degli uomini, si fermano a contemplare l’immensità ai loro piedi, fieri di aver sconfinato in uno spazio siderale che non ci è destinato, e in un tempo in cui le nostre esistenze appaiono minuscole e vuote. Invece nel bosco non ci si sente mai soli. Il bosco è un orizzonte caotico e vivente – in cui si sovrappongono piante, funghi, insetti, animali. E poi, se la montagna, nelle linee austere delle rocce, appare minimale, povera, quasi astratta, il bosco invece è barocco, nel suo rigoglio di forme e movimenti, sontuoso nei colori, intenso di suoni e odori. Il bosco è animato. E non solo quest’anima fa parte di me, perché, misteriosamente, la sento come l’origine, ma io faccio parte di lei. Allora non posso che tornare.
(Agosto 2022)