Luglio. Ti scrivo da Roma, dal quartiere Flaminio dove abiteremo per una settimana. Non sembri turbato dal lungo viaggio che ti ha portato qui, in questa piazza assolata circondata da cipressi e delimitata dalle facciate gialle e arancioni dei condomini anni Quaranta, discretamente attraversati dai loro cortili interni.
Tu che sei nato davanti al lago, e in mezzo alle montagne, qui ti dovrai orientare tra un dedalo di strade che si snodano al qua del Tevere e che ricordano alcuni tra i grandi nomi della pittura del Rinascimento italiano: via Piero della Francesca, via Luca Signorelli… Il quartiere non è cambiato da quando lo frequentavo nei pomeriggi d’inverno per venirmi ad allenare nelle piscine del Foro Italico, proprio oltre il Tevere, dove oggi vedi il Ponte della Musica che collega le due sponde.
I tuoi grandi occhi ancora grigi sembrano divertiti dal carattere cinico e stanco degli abitanti di Piazza Melozzo da Forlì. Ogni mattina gli stessi, sempre più accaldati, sempre più rassegnati.
Un amico d’infanzia ci dice che la luna di miele con Roma dura tre giorni (al massimo). Domani saremo in grado di dargli una risposta.
Mentre passeggio con te tra le braccia, alla ricerca dei rari coni d’ombra che la memoria dei pittori rinascimentali sembra aver lasciato sui marciapiedi del quartiere, mi torna in mente un film della fine degli anni Ottanta che avevo molto amato e di cui conservavo il VHS in un armadietto incastrato sotto la tivvù: Mignon è partita di Francesca Archibugi. Il film racconta dell’arrivo di Mignon, una quindicenne snob parigina che ritrova il ramo basso della sua famiglia: i Forbicioni (romanissimi). Mignon è accolta dagli zii e dai cinque cugini proprio in uno dei condomini di Piazza Melozzo. Giorgio, il più timido e sentimentale dei cugini s’innamora tacitamente di lei, proprio mentre leggono entrambi due edizioni diverse di Grandi speranze di Dickens, Mignon ovviamente in lingua originale. Il finale te lo racconterò quando sarai un po’ più grande.
Immagine: un fotogramma dal film Mignon è partita, di Francesca Archibugi, 1988