Ti scrivo da una scrivania – che naturalmente non è la mia. Potrei anzi già chiamarla scrittoio o scriptorium – secondo l’uso medievale –, potrebbe persino trattarsi di una cella perché sto ripetendo il disegno delle lettere senza che qui si abbia una qualche pretesa di direzione o di destino; ma sarei più certo a dirmi in uno studiolo, dove la scrittura si accompagna a una clessidra, ad alcuni libri illustrati e a un teschio che mi fissa (o forse è uno specchio), ma quel che più mi convince è questo ammasso di cose che vengono da terre e tempi lontani e che mi dicono: “Sei in un luogo della coincidenza”; e io ci credo perché in luoghi come questo sembrano avere inizio le belle storie, o fine. Qui per un attimo mi è parso di vedere una delle figlie di Mnemosine. Credimi, nulla di assurdo: non perché sia qui a questa scrivania che, bada, non è la mia, ma perché so che a volte le Muse sono nelle opere del passato, quelle che restano e quelle che si ripetono. Allora mi sono chiesto, per l’estate: perché non cercarle? E dove se non qui, in questo luogo dello studio e della creazione, della meditazione e della masturbazione; insomma in questo secretum angulum pro solitudine?
Immagine: Jan van Eyck, San Girolamo nello studio, 1442 (particolare)