Stare su un’isola è l’imperativo delle mie estati. Soprattutto, mi ripeto ogni anno, senza zavorre pensierose: lasciale percolare nel minerale urbano dove vivi. Tuttavia, preso dall’entusiasmo della traversata in nave, mi passa di mente e, assieme a libri e vestiti, di soppiatto salgono a bordo le ombre – come quei roditori e quei semi di piante invasive che proliferano in isole remote, segno che un giorno si sono intrufolate nella stiva assieme all’ignaro equipaggio.
Quest’anno è la volta di Belle-Île-en-mer, la più grande isola bretone scaraventata nell’Oceano Atlantico. La cartolina te la spedisco prima di partire, perché vorrei tanto che tu venissi con me o mi raggiungessi pochi giorni dopo, quando, ormai familiare coi luoghi, sembrerà che lì ci sono nato. Pianifico le coincidenze tra treno e nave per convincerti che l’idea di remoto è relativa; ti mostro i dipinti realizzati da Monet delle aiguilles di Port-Coton; improvviso su vento e acqua, su un tempo sospeso dove gli elementi non sono più in discordia tra loro.
Se vieni le ombre resterebbero sulla terraferma; ma se non vieni, mi convincerò di averti spedito questa cartolina mentre ero sull’isola. A quel punto la leggerai quando sarò già tornato a terra e a casa – e mi dirai che ti sarebbe piaciuto venire.