A Saturnia, storicamente nell’alto Lazio ma già in provincia di Grosseto, vicino alle cascate sulfuree del Gorello, elesse Gastone Novelli il suo buen retiro: «un punto di arrivo, che è di tregua e di ritrovo, di un nuovo lavoro». Non so se pensava ai «Saturnia regna» della Quarta Ecloga, all’età dell’oro destinata a ritornare alla fine dei tempi, al «novus ordo seclorum» che per i lettori medievali di Virgilio prefigurava il Regno di Cristo (e che figura, però, anche sullo stemma imperiale e massonico degli Stati Uniti d’America). Come che sia è in questa sua terra d’elezione, al Polo culturale Piero Aldi, che s’inaugura il 9 aprile (per restare visitabile sino all’8 gennaio dell’anno venturo) Gastone Novelli: Saturnia, le origini, la magia del segno, mostra a cura di Guglielmo Buda e Anna Cristina Caputi in collaborazione con l’associazione Guna Contemporary e con l’Archivio Novelli di Roma. Disegni, sculture e tele dell’artista sono esposti insieme a una selezione di reperti etruschi e romani della collezione archeologica Ciacci. Ci si ricorda allora del suo storico Viaggio in Grecia, riflesso nell’omonimo libro d’artista del ’66, che tanto gli salò il sangue in un’ottica distantissima, peraltro, dal classicismo o neo-tale che tanto Occidente moderno, e post-, vi ha feticizzato. In Grecia Novelli trova al contrario la sede di una paradossale rabula rasa: terreno vergine dal quale ripartire, come si dice in inglese, «from scratch». Tracciando un segno sul terreno, cioè, come quelli che l’artista graffia sul muro, sulla tela, sulla terra stessa.
A. C.
Ci sono libri che parlano di viaggi che non portano da nessuna parte. Non portano da nessuna parte perché partono dal linguaggio e ne rimangono intrappolati; ma costruiscono interi mondi, paralleli, che funzionano come il nostro e possono apparire anche più reali: sono mondi analoghi. Nello splendido saggio in appendice a Flatlandia di Edwin A. Abbott, Giorgio Manganelli, grande inventore di regioni sotterranee, si affretta a precisare che “un luogo è un linguaggio” e che quest’ultimo “è un gigantesco ‘come se’”: un’analogia appunto. Altri libri invece parlano di viaggi in paesi reali e concreti, però ancora una volta il linguaggio ne destruttura la fisionomia e ne restituisce un luogo trasfigurato, analogo.
Al primo caso appartiene Il Monte Analogo di René Daumal, pubblicato postumo nel 1952 e tradotto in italiano soltanto nel 1968. È la storia di una spedizione alpinistica che per giungere a destinazione deve attraversare l’Atlantico, insinuarsi nel Pacifico meridionale e approdare su una terra che la curvatura dello spazio rende invisibile. La spedizione, così accuratamente preparata nei minimi dettagli, utilizzando complicati calcoli per individuare questo luogo e riuscire a penetrarlo, sbarcherà sull’isola del Monte Analogo, ma non raggiungerà l’obiettivo della scalata. Il viaggio si interromperà bruscamente, anche perché l’autore morirà prima della stesura completa del libro, il cui attacco è già eloquente: “L’inizio di tutto quello che sto per raccontare fu una scrittura sconosciuta, su una busta”.
Le scritture sconosciute, misteriose, sbagliate, sono state a lungo frequentate da Gastone Novelli. Quando compie il suo primo viaggio in Grecia per lui sarà la rivelazione, la scoperta di un deposito inesauribile di simboli, segni, frammenti di scrittura, residui disponibili alla creazione di un nuovo linguaggio, “magico”. La Grecia fornisce all’artista un catalogo di motivi iconografici e modelli mitopoietici che minuziosamente trascrive e registra in quadri, disegni, incisioni, appunti e infine in un libro, il Viaggio in Grecia. Concepito originariamente come “guida”, con tanto di mappe e carte geografiche, in realtà la lunga gestazione, dal primo viaggio agli inizi degli anni Sessanta, lo trasforma in un libro d’artista, che vede la luce per le Edizioni Arco d’Alibert nel 1966 (nel 2015 è apparsa un’elegante edizione francese per i tipi di Trente-trois morceaux): la Grecia è ormai sgusciata in un universo parallelo.

Che relazione c’è tra i due libri? Apparentemente nulla. Daumal ha lasciato alcuni appunti che forniscono molteplici possibili finali; Novelli invece ha distillato e drasticamente ridotto il lungo manoscritto, ponendo decisamente il termine del viaggio “alle dieci di mattina della fine di Agosto del 1963”. Lo scrittore francese descrive un mondo immaginario, mentre l’artista italiano si addentra sensualmente in un territorio vero, aspro e dolce insieme, che il mito e il ricordo degli dèi e degli eroi che lo abitavano rende tuttavia inafferrabile, sfuggente.

L’immagine di un luogo che si chiude su sé stesso è fornita dal bellissimo incipit del Viaggio in Grecia, a lungo ritenuto autografo, ma che invece è una parafrasi di un passo del Monte Analogo di Daumal: “Eliminando tutte le ipotesi insostenibili, vagliando i risultati di tutte le indagini, i racconti di viaggi, le analisi geografiche, sono arrivato a questa conclusione: esiste un territorio, abbastanza grande, coperto di montagne, sconosciuto a tutti, non segnato su nessuna carta. La base sulla quale questo territorio poggia è costituita da materiali che hanno la capacità di curvare lo spazio circostante in modo che tutta la regione, di cui costituiscono la base, rimane chiusa in una specie di vuoto per il quale lo spazio non passa, e, quindi, invisibile, impercorribile ai viaggiatori, totalmente neutra…”. Questo invece il brano originale di Daumal: “Ecco dunque quello che ho concluso, eliminando semplicemente tutte le ipotesi insostenibili. In qualche punto della Terra esiste un territorio con una circonferenza di diverse migliaia di chilometri, sul quale si innalza il Monte Analogo. Il basamento di questo territorio è formato da materiali che hanno la proprietà di curvare lo spazio intorno a sé in modo tale che tutta la regione sia rinchiusa in un guscio di spazio curvo”.

Tale parafrasi rientra pienamente nella pratica di Novelli di collezionare “frammenti e residui”, ma arricchisce il Viaggio in Grecia, già cosparso di numerose criptocitazioni, di un’ulteriore fonte letteraria rimasta sostanzialmente di nicchia forse ancora oggi. E se il tema della “montagna”, che l’artista ha sviluppato in tante varianti a partire dalla prima metà degli anni Sessanta, potrebbe essere ricondotto iconograficamente al Monte Analogo, molti degli schizzi e dei disegni che ruotano intorno al Viaggio in Grecia non dissimulano la loro affinità con le mappe che Daumal, nel suo libro, ha fornito al viaggiatore curioso.
In copertina: René Daumal, Il Monte Analogo (1944)