Lectio braidense

11/02/2022

È in libreria, dedicato ad Anselm Kiefer (pp. 102, € 12), il primo volume della collana «Parole d’artista», curata da Carlo Corriero, Danilo Eccher e Federico Vercellone per l’editore Rosenberg & Sellier in collaborazione con la Fondazione Marini San Pancrazio-Museo Marini Marini. I libri della collana «si presentano come un’occasione di riflessione intorno alla poetica di grandi artisti del nostro tempo a partire dalle loro stesse “parole”, in un intreccio di discipline e linguaggi diversi che attraversano l’immaginario dell’artista e che da questo si fanno attraversare e nutrire». Questo primo volume presenta il testo della lectio magistralis tenuta da Kiefer all’Accademia di Belle Arti di Brera il 29 gennaio 2020, in occasione del conferimento all’artista del Diploma Accademico Honoris Causa in Comunicazione e Didattica dell’Arte e del titolo di Socio Onorario dell’Accademia di Brera. Nel volume la lezione di Kiefer è accompagnata da testi di Francesca Alfano Miglietti, in rappresentanza dell’Accademia, la laudatio pronunciata in quell’occasione da Federico Vercellone, e i saggi degli altri curatori Danilo Eccher ed Emilio Carlo Corriero. Per la cortesia dell’editore si presenta qui il testo della lectio.

Rivolgo il mio discorso a voi, artisti a venire, che un giorno vi manifesterete, che siete ancora in formazione. Alcuni giovani studenti dell’Accademia mi hanno aiutato nel 2004 a edificare, qui a Milano, nell’Hangar Bicocca, i Sette Palazzi celesti. Voi avete ancora tutto il futuro dinanzi a voi, e vi invidio per questo.

Quanto ancora non abbiamo raggiunto può sempre essere sognato come un futuro perfetto. La realizzazione di un desiderio non può mai competere con ciò che si è immaginato o desiderato. La concretezza di ciò che conquistiamo non coincide mai con la realtà di ciò che avevamo proiettato nel futuro.

Voi non creerete mai l’opera d’arte assoluta, quella che non si è ancora vista, si potrebbe anche dire “la cosa in sé”. Devo ammettere che il mio stesso lavoro è null’altro che un approssimarsi infinito all’immagine assoluta.

Die sieben Himmelspälaste, 2004-2015, installation view, Pirelli Hangar Bicocca, Milano

Cosa dovremmo fare, in quanto artisti, in questo mondo di illusioni?

Cerchiamo di creare qualcosa di più concreto di tali illusioni, qualcosa che comporta sempre il rischio di essere un’illusione essa stessa ma a un livello diverso, più alto. Siamo coinvolti nel conflitto tra il mondo che l’artista vuole realizzare e la terra che si rinchiude. È questa la Lichtung, la radura nel bosco di cui Heidegger parla nel suo saggio L’origine dell’opera d’arte.

La storia dell’arte e della poesia può essere intesa come un infinito approccio all’assoluto. Così non è l’opera conclusa quella che ci interessa davvero, bensì il percorso, il flusso. Saranno altri un giorno, mettendo insieme tutti gli sforzi, a creare un’opera d’arte totale che saprà cambiare continuamente nel corso dei secoli attraverso le diverse interpretazioni.

È importante non pensare alla carriera. L’opinione pubblica spesso sbaglia. Ciò che è popolare è quasi sempre destinato a non durare a lungo. Non so se abbiate mai dato uno sguardo al lessico della pittura di Kindler dove si trovano un’infinità di artisti che erano molto popolari ai loro giorni e di cui oggi non si sente più parlare[1].

Non guardate le classifiche. Il vostro valore futuro di artisti non dipenderà dal vostro network professionale.

Guardate cosa sta già in voi stessi, cosa si è depositato in voi attraverso i ricordi, e coltivatelo, anche se all’inizio può sembrare insignificante. Cito il filosofo italiano Andrea Emo, il quale – sia detto per inciso – non si preoccupò mai di ottenere un riconoscimento pubblico. Non pubblicò mai nulla durante la sua vita.

Egli scrive, utilizzando una meravigliosa espressione poetica:

Non vi è del nuovo tranne che nella memoria. Il nuovo nasce in noi che siamo futuro quando vi possiamo rinunciare.

Avete tutto in voi. Se vi atterrete a questo, ritroverete la vostra vera natura, le diversità, le differenze, ma anche le associazioni che avvengono nello scambio intellettuale. Il giovane Hegel scrive:

In ogni uomo vi è la luce e la vita. Egli non è semplicemente illuminato dalla luce come un corpo oscuro dotato solo di uno splendore riflesso, bensì è la sua propria materia infiammabile che prende fuoco. La fiamma è veramente la sua fiamma.[2]

Oggi molte cose che prima erano separate sono nuovamente venute ad amalgamarsi.

Oggi, sembrerebbe che il valore finanziario di un’opera d’arte decida della sua qualità. Si può restare affascinati dai milioni e milioni che un’opera può raggiungere all’asta. Ma è solo pigrizia intellettuale far affidamento al valore economico quando si analizza il valore di un’opera d’arte. Non cercate di diventare i rappresentanti del vostro brand. L’arte non è una vetrina per mettersi in mostra.

Ovunque nel mondo spuntano fiere d’arte. Lì le opere d’arte non vengono valutate in base al loro contenuto, conformemente alla loro natura, ma sono condotte al macello come bestiame. Io stesso ho proibito ai miei galleristi di esibire le mie opere alle fiere d’arte. Maurizio Cattelan ha mirabilmente mostrato l’assurdità delle fiere con la sua banana. Non ci si poteva esprimere in modo più semplice e pregnante. E quello che ha mangiato la banana sta quasi allo stesso livello.

Ciò che cercate non è fuori dal mondo, è in voi. Cito Spinoza:

Dopo che l’esperienza mi ha insegnato che tutto quello che accade frequentemente nel-la vita quotidiana è vano e futile decisi finalmente di indagare se si desse qualcosa che fosse un bene vero e partecipabile, [… ] che trovato e acquisito, godessi in eterno di una continua e somma letizia.[3]

Ricchezza e onore non conducono, secondo Spinoza, al vero bene; soltanto «la conoscenza dell’unità che congiunge lo spirito con l’intera natura» può farlo.

Spinoza si ritrasse dalla società guadagnandosi da vivere come ottico.

Proiettatevi dunque fuori, cercate un oggetto che davvero vi conquisti e vi catturi. Inabissatevi con esso, raffiguratelo con umiltà, e la cosa in sé vi si mostrerà.

Non dipendete da una determinata corrente artistica o da un certo risultato. Ricominciate tutto da capo!

Non prendete le immagini già confezionate e definite che trovate su Internet! Non abbiamo guadagnato molto con l’onnipresenza e la perenne disponibilità delle immagini, anzi abbiamo perso qualcosa. Siamo divenuti poveri.

Siamo abituati a far scorrere dinanzi a noi molte immagini in modo incoerente, possiamo essere connessi con tutti in qualsiasi momento e, tuttavia, siamo sempre più divisi.

Grazie agli Smartphone possiamo seguire meticolosamente la vita dei nostri cari. Non sussiste più alcuna intercapedine tra aspettativa e approdo. Non esiste più attesa. Imparate ad attendere! Quello dell’attesa è il tempo più ricco.

Zweistromland – The High Priestess, acciaio, piombo, vetro e filo di rame, 455 x 816 x 180 cm

Cosa intendo quando dico di cercare in te stesso, dentro di te?

Fate una lista di ciò che vi interessa davvero per vedere, poi, da dove provengono le cose, in quale strato dell’evoluzione esse si originano.

Qui, in questo quadro, incontriamo innanzi tutto le antiche saghe dei Greci, dei Vichinghi e degli Egizi. Nelle pratiche rituali avveniva un’incorporazione arcaica della vita per cui eventi inquietanti e ricorrenti venivano inseriti all’interno di una struttura narrativa che cercava di individuare un senso per i problemi dell’esistenza.

Successivamente, con la civilizzazione, l’uomo iniziò a concepirsi come un essere cui spetta il dominio, come entità individuale. Filosofi e scienziati cercarono così di ridisegnare il mondo attraverso le astrazioni e, sulla base di questi presupposti astratti, di dare forma alla storia. Das Kapital di Marx è il miglior esempio d tutto questo.

Per parte mia non ho mai considerato la storia come un resoconto veritiero e corretto del passare del tempo. La storia è stata sempre, per me, un materiale come lo è l’argilla per lo scultore che la modella al fine di creare il proprio racconto.

Novalis è un buon esempio a questo proposito. Egli concatena in modo nuovo gli eventi della storia. Disse che c’è molta più verità in una fiaba che nelle cronache erudite.

Vi invito così ad essere minatori alla ricerca dei monumenti di un mondo primordiale, a indagare gli effetti molteplici derivanti dalle stratificazioni della terra e delle rocce, come se si trattasse di un’astronomia o di un’astrologia al contrario. Come nel cielo, grazie alla potenza delle stelle, è deposto il libro del futuro, così nelle montagne si trovano i monumenti delle origini del mondo. Novalis arriva perfino a ipotizzare che le montagne salirono così in alto da diventare stelle e non poter più supportare il verde degli alberi.

Potete ripercorrere l’evoluzione in un senso o nell’altro. Picasso in Le demoiselles d’Avignon si fece ispirare dall’arte dei nativi, altri artisti furono influenzati dalle pitture rupestri di 30.000 anni fa.

L’artista non è il prodotto finale dell’evoluzione, ma percorre in su e in giù la scala evolutiva, come gli angeli sulla scala di Giacobbe nel racconto biblico. La nostra rappresentazione del mondo è soltanto un’ipotesi retrospettiva. La verità resta irraggiungibile.

Arte e mitologia hanno cercato di esprimere l’ineffabile e l’indefinibile con mezzi diversi dalla logica e dalla scienza.

Talora un artista riesce a sorprendersi. Può così accadere che egli divenga, analogamente a quanto accade nell’evoluzione, l’oggetto di una mutazione.

A volte è così possibile forgiare uno spazio vuoto in cui una creazione possa riversarsi.

Ma per arrivare a questo spazio vuoto dove, come nell’evoluzione, possa avvenire una mutazione, è sbagliato, oltre che superfluo, prefigurarsi un’opera compiuta, riferirsi a un capolavoro della storia dell’arte, sviluppare una concezione intellettuale.

Bisogna, al contrario, prendere un oggetto banale, senza pensare a cosa già esiste e desta in voi ammirazione, per lasciarsi avvolgere da questo oggetto. Solamente così la vostra posizione e il vostro punto di vista si chiariranno, esattamente nel momento in cui proverete a rappresentare umilmente e senza speculazioni questo oggetto.

Può essere un viso, una scarpa (van Gogh), una pietra, un bicchiere d’acqua, qualsiasi cosa. Perché gli oggetti hanno uno spirito tutto loro.

Bisogna solo imparare a scorgerlo.

Bisogna procedere umilmente, senza zelo, senza un obiettivo chiaro o un modello da emulare. E se pensate … che noia! … – sappiate allora che la noia è sempre stata l’origine della filosofia. Perché è nella noia che si manifesta qualcosa di diverso, di non ancora noto, di sconosciuto.

(traduzione di F. Monateri e F. Vercellone)

In copertina: Anselm Kiefer, Eis und Blut, 1971, acquerello su carta, cm 29,8 x 39,5


[1] Kindler Malerei Lexikon, 6 voll., München, DTV, 1964.

[2] G.W.F. Hegel, Lo Spirito del Cristianesimo e il suo Destino, 1798.

[3] B. Spinoza, De Intellectus Emendatione, 1677.

Anselm Kiefer

nasce nel 1945 a Donaueschingen, in Germania. Vive e lavora a Parigi. Fin dall’inizio della sua carriera ha tenuto mostre personali in prestigiosi musei, tra cui: Kunsthalle, Berna (1978); Städtische Kunsthalle, Düsseldorf (1984); Stadelijk Museum, Amsterdam (1986); Art Institute of Chicago, Museum of Art of Philadelphia, MOCA di Los Angeles e MoMA di New York (1987); Neue Nationalgalerie, Berlino (1991); Kyoto National Museum of Art (1993); Hiroshima Museum of Contemporary Art (1993); Museo di Capodimonte, Napoli (1997); The Museum of Modern Art, San Paolo (1998); The Metropolitan Museum of Art, New York (1998); Galleria d’Arte Moderna, Bologna (1999); Rijksmuseum Amsterdam, Amsterdam (2011); Royal Academy of Arts, Londra (2014). Nel 1977 ha partecipato a Documenta a Kassel. Nel 1980 il suo lavoro è stato presentato alla XXIX Biennale di Venezia, nel Padiglione tedesco, dove ha ricevuto numerosi riconoscimenti dalla critica. Nel 2007 il Guggenheim Museum di Bilbao ha presentato una grande retrospettiva dedicata al suo lavoro e nello stesso anno il Louvre di Parigi ha commissionato all’artista un’opera per la sua collezione permanente.

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