Ti con Zero

21/12/2021

Ti con Zero (al Palazzo delle Esposizioni di Roma fino al 27 febbraio) fa parte di Tre Stazioni per Arte e Scienza e riflette sul complesso rapporto tra arte, scienza e società. Il percorso espositivo si articola in tre momenti differenti: La scienza di Roma. Passato, presente e futuro di una città, Incertezza. Interpretare il presente, prevedere il futuro e la stessa Ti con Zero. Come riportato dal comunicato stampa, l’intento è di “promuovere la partecipazione di diversi pubblici, la commistione tra diversi saperi, il superamento dell’idea stessa di mostra verso un’esperienza che coniughi gli aspetti espositivi con quelli pedagogici e performativi”.

L’esposizione indaga il nesso tra ricerca scientifica e arte contemporanea. Il titolo, infatti,  fa riferimento alla notazione matematica che indica il principio, il momento iniziale di osservazione di un dato fenomeno. Si tratta di un attimo fissato tanto nel tempo quanto nello spazio: è il preciso istante in cui convergono conoscenza e immaginazione, in cui si aprono scenari inediti e infinite possibilità.

Nell’immaginario collettivo, però, Ti con Zero è soprattutto il titolo di un racconto di Italo Calvino, presente nella terza e ultima sezione – i cosiddetti “Racconti deduttivi” – dell’omonima raccolta, pubblicata da Einaudi nel 1967. Il protagonista di questa insolita storia è un cacciatore intento a scagliare una freccia verso un leone, a sua volta pronto ad attaccarlo. Fin qui tutto sembrerebbe normale, se non fosse che il tempo improvvisamente si arresta, si ferma di colpo, lasciando la freccia a mezz’aria, sospesa tra i due. Si riafferma il valore assoluto del frammento, dell’attimo. Il tempo stesso sembra assumere la medesima concretezza dello spazio. Al protagonista – narratore omodiegetico – non rimane che supporre i possibili esiti del racconto. Non c’è un prima né un dopo: solo un unico, vivido e lunghissimo istante.

Richard Mosse, Organ, dalla serie Ultra, 2019

Eppure, la mostra non si limita affatto al mero citazionismo: piuttosto che apparire come un espediente per sopperire agli eventuali limiti o alle criticità latenti del progetto, la scelta di utilizzare questo titolo comprova l’intima e consapevole interdisciplinarietà nel suo approccio curatoriale. Gli scritti dell’autore ligure, infatti, rappresentano un vero e proprio punto di riferimento nel panorama italiano – e non solo – dell’arte contemporanea, dove viene spesso evocato. Certo, l’affinità e le analogie tra la scienza meravigliosa di Calvino e l’odierna produzione artistica risultano piuttosto evidenti. In particolar modo, alcuni testi, tra cui proprio Ti con Zero, si prestano oltremodo all’approccio visionario, spesso stravagante dell’arte contemporanea nei confronti della scienza. Tuttavia, l’interesse di Calvino per la materia va ben oltre quelle che possono sembrare delle semplici incursioni alla ricerca di spunti per alimentare la fantasia.

Figlio di botanici, l’autore confessa di essere “diventato uno scrittore per sfuggire alla scienza”[1] per poi ritornarci, come in un percorso circolare. L’assunto scientifico, infatti, diviene un mezzo per indirizzare il percorso narrativo in direzione opposta al canone della fantascienza “classica”. Non a caso, Eugenio Montale definisce Le Cosmicomiche – raccolta di dodici racconti pubblicata, sempre da Einaudi, ma nel 1965, due anni prima di Ti con Zero – come “fantascientifico alla rovescia”[2]. In un certo senso, la science-fiction guarda al futuro, mentre i racconti di Calvino sembrano volgersi al mito delle origini.

“[…] io vorrei servirmi del dato scientifico come d’una carica propulsiva per uscire dalle abitudini dell’immaginazione, e vivere magari il quotidiano nei termini più lontani dalla nostra esperienza; la fantascienza invece mi pare che tenda ad avvicinare ciò che è lontano, ciò che è difficile da immaginare, che tenda a dargli una dimensione realistica […]”[3].

Ciononostante, le possibilità immaginifiche vanno di pari passo con la contestualizzazione puntuale di tali nozioni. L’assunto scientifico appare come un punto di partenza.  Calvino, infatti, non sembra affatto un semplice curioso: parla con cognizione di causa e non utilizza roboanti termini specialistici solamente per adornare un testo altrimenti scarno.

Sempre più numerosi, al contrario, sono gli artisti che tentano di esprimere complessi concetti scientifici in modo fin troppo approssimativo e incerto. Termini come rizomatico, simbiotico, algoritmico o biocentrismo sono entrati a pieno diritto nel vocabolario artistico contemporaneo. Ma non sempre vengono utilizzati in maniera appropriata e non basta riportare qualche sorprendente citazione erudita per spiegarne il significato. In questo modo, l’interdisciplinarietà rischia di tradursi in uno sterile espediente accessorio, un artificio talvolta fine a se stesso. Certo, non mancano le eccezioni e Ti con Zero è sicuramente tra queste.

Antony Gormley, Quantum Void IV, 2008, ph. Pamela Bralia

La mostra, infatti, propone due sguardi differenti nei confronti della scienza: il primo si fonda sulla conoscenza razionale della realtà circostante, mediata dal linguaggio e dalla tecnica; il secondo affronta la conoscenza sensibile dei fenomeni. Nelle prime tre sale – Sistema di Segni, Sintesi e Comunicazione molecolare – la metodologia analitica rifugge dalla razionalità asettica, preludendo al diretto coinvolgimento fisico delle tre successive – Palude, Eclissi e Origine Seconda. I visitatori sono invitati a percorrere delle insolite realtà spaziotemporali. L’intento è di mettere a confronto la razionalità scientifica e la sensibilità soggettiva del pubblico, affinché sia possibile ipotizzare altri modi di essere nel mondo. I lavori esposti nella settima sezione – Caosmosi – si configurano come punto di convergenza tra questi due approcci differenti e al tempo stesso complementari, restituendo un’esperienza costantemente in equilibrio tra l’astrazione teorica e la percezione sensibile.

Il riscaldamento globale, la riconversione ecologica, la genetica medica, lo spillover, la profilazione e l’automazione sono solo alcune delle tematiche trattate. I lavori esposti si prospettano come ipotesi o sperimentazioni mai prive di fondamento scientifico. La maggior parte delle opere realizzate dai trenta artisti coinvolti, infatti, sono frutto della collaborazione con professionisti del settore e istituti di ricerca internazionali. Allo stesso tempo, le due mostre parallele sembrano avvalorare le opere esposte, documentando sia lo sviluppo storico che i recenti progressi della ricerca scientifica, mediante un approccio didattico interattivo, tutt’altro che univoco.

Roman Opałka, OPALKA, 1965 / 1-∞ Détail 2094930 – 2115706, 1965-2011, ph. Patrick Goetelen (particolare)

È come se l’apparente freddezza calcolatrice di Ryoji Ikeda o Roman Opałka facesse da contrappunto alle reminiscenze ludiche di Alighiero Boetti e Alexandra Daisy Ginsberg, come se l’austerità del monolitico totem di Carsten Nicolai venisse stemperato dall’ironia di Gino De Dominicis. Come se l’altrove terrigno di Roman Ondak  risultasse ostile per l’organismo protista di Jenna Sutela, i residui vegetali di Hicham Berrada e le concrezioni di Rachel Rose che, al contrario, sembrano riconciliarsi con il mutevole microcosmo ibrido di Tega Brain.

Gustav Metzger, Liquid Crystal Environment, 1966-2017, ph. M3S

Le opere esposte, infatti, si muovono costantemente in equilibrio tra l’oggettività scientifica e l’arbitrarietà del fare artistico. In tal senso, anche i riferimenti al racconto di Calvino risultano quanto mai attinenti. In particolar modo, sembrano trovare riscontro negli ipnotici lavori di Gustav Metzger e Pierre Huyghe: il tempo e lo spazio della visione si dilatano, assumono fattezze inedite; il ritmo e l’andamento della visita, della fruizione delle opere non sono più gli stessi. Talvolta, la fragilità e l’instabilità sembrano prendere il sopravvento, come nella scultura di Antony Gormley o nei lavori di Roberth Smithson e Nancy Holt, in cui la fermezza scientifica rischia di venir meno di fronte alla sensazione di vuoto e di spaesamento provocata dalle caotiche riprese video in mostra. Le opere riaffermano la pregnanza dello scarto, attestano il capovolgimento di ogni effimera certezza. Sono occasione di confronto.

L’allestimento ideato dalle curatrici – Paola Bonani, Francesca Rachele Oppedisano e Laura Perrone – in collaborazione con lo studio Formafantasma, inoltre, contribuisce a delineare ricorsivamente lo spazio, configurandosi come una sorta di diagramma astratto, di spazio ideale dove poter organizzare la complessità visiva dell’esposizione. Tuttavia, una sola critica risulta necessaria: i pannelli didascalici in acciaio riflettono le sagome dei visitatori, diventando illeggibili – a meno che questi non siano già avvezzi al contorsionismo o non siano praticanti esperti dello yoga.

Ti con Zero
Palazzo delle Esposizioni, Roma
fino al 27 febbraio 2022


[1] P. Antonello, Il Mènage a quattro,  Le Monnier, Grassina, 2005, p. 175        

[2]  E. Montale, “Postafazione” in I. Calvino, Le Cosmicomiche, Mondadori , Milano, 2018 (1965),  p.143  

[3] Ivi, “Presentazione dell’autore”, pp. VII-VIII

In copertina: Rachel Rose, Ninth Born, 2019, courtesy Pilar Corrias Gallery, Gladstone Gallery

Jacopo De Blasio

(Roma, 1993) si è laureato con lode in storia dell'arte all'Università “La Sapienza” di Roma, attualmente assistente bibliotecario presso il MAXXI di Roma. È stato collaboratore dell’artista Maria Dompè e mediatore culturale presso il Palazzo delle Esposizioni. Curatore indipendente, si occupa prevalentemente del rapporto tra arte contemporanea e società.

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