I.
Lui regredisce a uno stato inerziale. Una regressione permetterà di sopravvivere, o almeno decomprimere. L’ingresso in questo piano di realtà è subitaneo; pacifica, la scollatura dal tessuto. Vive la sua regressione come eterno ritorno dell’uguale, dove il ritornare dell’uguale è appena sufficiente per un’escatologia complessivamente apprezzabile. Quanto basta per assistere al telegiornale della sera, seguire i fatti di cronaca della provincia, sprofondare: un cane ha assalito e ucciso un ragazzino. L’inviata elude il predicato più appropriato, e terribile: «sbranare». Ci gira intorno, il suo intervento è un compendio di varietà lessicale, e disagio. «Sbranato»; certamente dalle gambe, esili e ossute, pochissima peluria. Scommette cinicamente che, all’acuirsi del dolore, il ragazzino abbia ripensato a Hänsel, poi ha perso conoscenza, e l’animale si è fermato. La figura di Hänsel persiste – riscalda una coscia di pollo al microonde, chiude il cerchio.

II.
Fra l’attività cerebrale e quella dell’apparato digerente c’è parecchia concordanza. Un pensiero non viene eliminato in via definitiva, e una pietanza non è espulsa nel suo intero. Il primo, allontanato, riemerge; la seconda, emendata attraverso la defecazione, è comunque assorbita dal corpo. Digerire equivale a ruminare, oppure a dormire, o ancora meglio: a regredire.

III.
Scopre l’esistenza della regressione sociale guidata all’interno della rubrica di approfondimento, in calce al servizio. La RSG, così abbreviata, è una tecnica di intervento e addestramento finalizzata alla rieducazione e riabilitazione del cane, al pari di un detenuto, o di un malato psichiatrico. Scopre che i cani, oltre ai padroni, hanno i loro caregiver. Il funzionamento della tecnica consiste nell’istituzione di un solido, e rinnovato, rapporto gerarchico fra l’umano e l’animale, in forza all’istruzione di un processo pedagogico e mimetico continuo. Quale che sia il risultato, resta indubbiamente più divertente il setting della vendetta, anziché quello del recupero. Il padre sfonda il cranio del cane, lascia la bestia stordita e priva di conoscenza, poi si ferma. Ristabilisce l’ordine gerarchico, che è soprattutto un assetto teologico. Ecce canis.

Immagine di copertina: Francis Bacon, Dog, 1952, Tate Gallery, London (particolare)
A seguire: Francis Bacon, Man with Dog, 1953, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo
Francis Bacon, Study of Dog, 1954, National Gallery of Art, Washington, D.C.
Francis Bacon, A Performing Dog, 1954, Private Collection