Lorenzo Lotto e il sole interiore

Durante il Concilio di Firenze (1439), Gemisto Pletone reintroduce l’eliosofia negli ambienti umanistici italiani del Quattrocento. Il sole è inteso come la più efficace immagine interiore, ovvero in grado di attingere direttamente alla forza degli “agenti superiori”. Questa forza è atta a dinamizzare l’intelletto, facilitando illuminanti pensieri, nuove intuizioni, alte meditazioni filosofiche e slanci spirituali. Si tratta di una energia con cui si cerca di facilitare la deificazione solare delle persone. E questo è possibile perché ogni individuo, nella sua origine, è collegato ai governatori astrali dell’universo. Un ritorno continuo alla “primordiale natura”, quindi, un esercizio che collega la mente e il corpo alle immagini degli arcani superiori e del mondo delle idee.

Giulio Camillo Delminio, l’ideatore del Teatro del mondo, cerca le vie per accedere alla memoria universale e per attivare la deificazione della persona, ovvero un percorso di elevazione, un contatto con la dimensione divina presente nella mente umana. Secondo l’umanista veneto la memoria magica è in grado di cogliere le immagini archetipe, estraendole dal caos contenuto dell’interiorità, e ristabilisce la loro efficacia restituendo alla persona i suoi divini poteri. Le immagini astrali interiori si animano, per mezzo della magia, nel nucleo centrale di energia della memoria. Dopo la morte di Gemisto Pletone, Marsilio Ficino continuerà a divulgare il rinnovato credo neoplatonico, dando molta importanza, simbolica e concettuale, all’immagine del sole.

Al contempo prende corpo un importante recupero della visione “egizia” e della religione ermetica. Si cerca di portare la luce della verità superiore all’interno della psiche, per favorire un ritorno dell’intelletto all’unità primigenia, anche attraverso riti magici e divini tramandati dagli antichi egizi. L’idea si appoggia sui sistemi mnemonici, attraverso l’organizzazione di immagini astrali magiche, di simboli in grado di evocare verità superiori, come fossero scale adatte a salire verso le sfere della Sapienza e della Conoscenza, che dona le illuminazioni, le idee, i significati universali attraverso una comunicazione sacrale.

Leon Battista Alberti, Il sole col volto di Cristo fanciullo (1460 ca.), particolare, Firenze, Basilica di Santa Maria Novella

Questa concezione giunge ancora molto viva fino alla fine del Cinquecento. Nel De umbris idearum (1582), Giordano Bruno fa presentare idealmente il suo libro sulla memoria a Hermes, che lo introduce come fosse un sole sorgente di rivelazione egizia. L’idea di un sole interiore si raccorda in modo profondo con l’eliocentrismo[1] di Copernico, teoria già circolante nei circoli neoplatonici del Quattrocento e difesa a oltranza da Bruno nella Cena de le ceneri (1584). La visione di coloro che intuiscono la possibilità di portare la forza del sole simbolico dentro gli intelletti si appella all’unità del Tutto che è nell’Uno, ovvero nel fondamento delle verità e dei segreti naturali.

I teatri della memoria, i luoghi iniziatici, i cicli iconologici di rango superiore sono veicoli di formazione per coloro che desiderano approdare alla visione dei moti e segreti dell’universo, della Natura. La visualizzazione nella mente di immagini e dei significati universali deriva dalla tradizione magica spinta verso la comprensione dei misteri divini. L’Asclepius pseudoegizio può essere un buon viatico per coloro che vogliono divenire mistici, sapienti ermetici, maghi, profeti ispirati, sacerdoti della Verità. Un percorso iniziatico, per gradi, così da cogliere quell’unità in cui l’innumerevole si fa Uno, per cogliere lo splendore della bellezza in ogni cosa, la quintessenza celeste nella vita, le idee, che sono la forma principale delle cose, in accordo con esse.

Benozzo Gozzoli, L’artista si è raffigurato accanto al filosofo Gemisto Pletone (1459), Firenze, Palazzo Medici Riccardi, Cappella dei Magi

L’arte della memoria rinascimentale, con le sue immagini significative e terapeutiche, diventa una proiezione magica ed ermetica, un riflesso dell’universo nella mente. Si pratica una scrittura interna, ovvero una proiezione di immagini da imprimere nella memoria, un culto misterico interiore. Le immagini delle stelle sono concepite come intermediarie fra le idee del mondo sovraceleste e il mondo subceleste degli elementi. Nella mente si possono adattare e manipolare le immagini astrali, cambiare gli influssi siderali per indirizzare le cose del mondo inferiore, che dipendono tutte dai movimenti celesti. Per Ficino, Pico della Mirandola, Delminio e altri intellettuali del Rinascimento, i dodici segni dello Zodiaco, i pianeti e le stelle possono essere portati nell’attività interiore dell’intelletto, fatti agire, quasi come avviene per gli elettroni di atomi che, sebbene separati e portati a migliaia di chilometri di distanza, rispondono con le stesse modalità ubbidendo a un fine comune. L’arte della memoria di Marco Tullio Cicerone (106 a.C.-43 a.C.), Tommaso d’Aquino (1226-1274)[2], Alberto Magno (1206-1280), Ramon Llull (1232-1316) viene passata attraverso la temperie rinascimentale, divenendo un’arte occulta sotto il patrocinio di Ermete Trismegisto, di Giulio Camillo Delminio e successivamente di Giordano Bruno. La memoria dei maghi rinascimentali non accetta limiti, vuole riattivare la religione degli egizi, intende comprendere altri mondi attraverso la sapienza, le conoscenze tecnologiche, la filosofia ermetica. Dalla memoria fluiscono tutte le idee, i pensieri, le immagini, le parole, che appartengono sia alle sfere celesti sia a quelle mondane, in contemporanea nella mente di Dio e nell’anima di chi ha portato il potenziale divino dentro di sé.

Lorenzo Lotto, Andrea Odoni (1527), Royal Collection di Castello di Windsor

Nel Ritratto di Andrea Odoni (1527), Lorenzo Lotto raffigura il ricco mercante lombardo residente a Venezia nelle vesti di un esponente di una cerchia neoplatonica di stampo solare, a giudicare della reiterata presenza di riferimenti a Ercole, inteso da Marsilio Ficino, come “alunno del Sole”[3]. Odoni tiene la mano sinistra sul petto, dove si scorge il crocefisso che pende dalla catenina aurea, e intanto porge con la destra la statuetta di Diana Efesia in direzione di chi riguarda. Oltre ai tre riferimenti a Ercole, le presenze anche del Crocefisso, della dea vergine venerata a Efeso (il Concilio di Efeso sostituirà la figura di Artemide con l’immagine di Maria, intesa, nell’accezione ossimorica, come vergine madre), e di Venere traducono visivamente la religiosità sincretica dell’effigiato, tipica nei circoli neoplatonici del Rinascimento. Nella tradizione cristiana la mano destra ha valenze positive mentre quella sinistra è riferita al male e al diavolo.

È quantomeno curiosa la scelta di anteporre o favorire la divinità pagana rispetto al crocefisso. Ma è molto probabile che i due gesti siano collegati per alludere a un significato dove la via indicata dalla statuetta polimaste sia strettamente connessa alla croce d’oro posata all’altezza del cuore di Odoni. Porgere Diana Efesia potrebbe testimoniare l’adesione al culto pagano che è ancora presente nella religione cristiana, un ritorno alla filosofia naturale, alla coazione tra la Luna (Diana, che sovrintende le maree, i flussi liquidi, il principio femminino) e Sole – ai significati allusi dal Sole neoplatonico (quello filosofico portato da Gemisto Pletone a Firenze durante il Concilio) -, a giudicare della presenza di statue erculee, che come abbiamo visto hanno attinenze con questioni solari[4].

Nel Cinquecento, Ercole – oltre a essere sinonimo di forza e di “superumanità”,  intesa secondo la visione neoplatonica, ovvero come uno stato superiore che conduce a un umanesimo culturale e a un rinascimento profondo della sfera intellettiva e spirituale – rappresenta soprattutto un rimando a Cristo, anche nell’accezione di immagine del sole (Cristo sole) e di tutti i significati inerenti al ciclo di iniziazione alla luce e all’illuminazione: entrambi entrano nella vita umana, vincono la morte e ascendono nel mondo celeste ed eterno.  E questa corrispondenza di motivi e di rimandi allegorici è consolidata sul medesimo simbolo di stampo solare, che intende sia Cristo sia Ercole come figure dell’immagine visibile dell’invisibilità divina.

Nel teatro della memoria vi sono anche vere e proprie “imprese” rinascimentali ed emblemi esoterici, cari agli ambienti intellettuali e alle accademie di Venezia: tra gli affiliati sono stati prodotti molti commenti sulle imprese che sono di stampo ermetico-cabalistico[5]. Ruscelli commenta l’emblema di un elitropio che si volge verso il sole con allusioni e riferimenti a Mercurio Trismegisto e alla Cabala[6]. Anche Sansone evoca al contempo una prefigurazione di Cristo e rimandi a significati solari. Nella lingua ebraica, Sansone significa “del sole”, “solare”. Lotto pone nel coperto simbolico di Sansone tradito da Dalila, accecato e messo alla macina (1531) il segno grafico “Ω”, utilizzato nei testi astrologici del Rinascimento per significare il ciclo ascensionale del sole, e anche il sole in Leone (tra luglio e agosto, nel periodo dell’anno più caldo), camuffati nei capi terminali del festone, dove sono appesi i capelli/fiamme del nazireo. A immagine di antichissimi luoghi egizi deputati alla dimensione sacrale, Lotto concepisce il coro della basilica di Santa Maria Maggiore in cui gli stalli simbolici vengano lambiti dai raggi luminosi di un sole metaforico di vasta portata evocativa. Raggi che entrano – in ogni stagione in modo diverso, secondo la posizione del sole che dall’alba a mezzogiorno si dirige da est verso sud rispetto alla posizione della chiesa, penetrando nelle finestre dell’abside – per indicare le quattro porte dell’anno solare e le concatenazioni di correlazioni simboliche distribuite nelle tarsie.

Lorenzo Lotto, Amor sulla bilancia. Nosce te ipsum (1524), Bergamo, Basilica di Santa Maria maggiore

Le suggestioni di memoria egizia, il moto del sole, le correlazioni astrologiche, la profondità di un pensiero misterico concepito entro l’unità di una tradizione religiosa che viene tramandata in ogni tempo, sono palpabili nell’atmosfera del coro bergamasco, che ha mantenuto intatta, ancora ai nostri giorni, un’ardita dimensione magico-ermetica nata sotto l’egida della prisca theologia di Mercurio trismegisto, che Ficino ha cominciato a esaltare dal 1463. Lotto rappresenta nel suo ciclo il viaggio del filosofo (ovvero di colui che ama la scienza) entro un percorso solare, alla ricerca della “Natura perfetta” neoplatonica, un viaggio per giungere alla radice della luce, dentro il Sole della sapienza. Il viaggio porta a risvegliare in ogni individuo la coscienza di avere dentro di sé la radice della luce, il sole di origine sovraceleste. La Natura perfetta è già nell’anima di ogni persona. La via per trovarla è indicata da Lotto nella tarsia di Amor sulla bilancia, dove recita «Nosce te ipsum», che riprende una parte del motto inciso sul tempio di Delfi, molto caro a Socrate. Siamo in una dimensione in cui le immagini e le “imprese” hanno la funzione di trasmettere un insegnamento per figurazioni essenziali. Le “imprese” e le immagini cornucopia[7] ideate da Lotto sono in grado di squarciare il velo del reale, l’abisso oscuro che è l’ombra delle cose, riuscendo ad andare oltre qualsiasi pretesa di dominio teoretico sul mondo.


[1] Il sistema copernicano riprende l’ipotesi eliocentrica proposta da Aristarco di Samo nel III secolo a.C.

[2] Le regole mnemoniche di Tommaso sono di matrice aristotelica e razionalizzate, lontana dall’Ars notoria, critica nei confronti dell’arte di memoria magica del Medioevo. Alberto Magno invece era interessato alle immagini talismaniche degli astri. Giordano Bruno ammirava intensamente l’aquinate come mago. Per approfondimenti si veda: F. A. Yates, L’arte della memoria, Torino 1993, pp. 187-188.

[3] Cfr. M. Zanchi, L’alunno del sole. La figura di Ercole nel Rinascimento, in Art e dossier, Giunti editore, Firenze, aprile 2021, pp. 61-65.

[4] La tradizione letteraria greca successiva al V sec. a.C. afferma che Ercole viene accolto nell’Olimpo dopo la dodicesima fatica, ovvero dopo aver ucciso il drago nell’orto delle Esperidi e dopo aver colto le mele auree. È qui allusa una concezione solare dell’eroe, il quale si contrappone alle figlie di Atlante e della Notte (le Esperidi appunto) per riscattare la sua natura mortale, risorgendo come il sole, che ogni giorno ritorna a risplendere nel cielo dopo la notte. Il sole calante – ovvero Ercole alla fine delle dodici fatiche che alludono al passaggio temporale del sole nei dodici segni dello Zodiaco – entra nelle estreme regioni della notte, vince il drago discendente dal Caos primordiale, e risale in cielo manifestando la resurrezione trionfale.

[5] Per approfondire i testi sulla memoria si vedano: Filippo Gesualdo, Plutosofia, Padova 1592; Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere et conservar la memoria, Venezia 1562; Johannes Romberch, Congestorium artificiose memoriae; Fabio Paolini, Hebdomades, Venezia 1589, pp. 313-314. Per quanto riguarda le immagini delle imprese, dei geroglifici e degli emblemi si vedano: Alessandro Farra, Settenario della humana riduttione, Venezia 1571; Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum… libri quinque, Bologna 1555; John Dee, Monas Hieroglyphica, Antverpia 1564.

[6] Cfr. G. Ruscelli, Imprese illustri, edizione di Venezia 1572, pp. 209 sgg.

[7] Immagini che, come la cornucopia dell’abbondanza, rilasciano plurimi significati e inducono innumerevoli interpretazioni.

In copertina:Cristoforo de Predis, Morte del Sole, della Luna e caduta delle stelle, miniatura da “Storie di San Gioachino, Sant’Anna, di Maria Vergine, di Gesù, del Battista e della fine del mondo” (1476), realizzate per Galeazzo Maria Sforza, oggi custodite nella Biblioteca nazionale di Torino

è critico d’arte, curatore e saggista. Dirige il museo temporaneo BACO (Base Arte Contemporanea Odierna), a Bergamo, dal 2011. Suoi saggi e testi critici sono apparsi in varie pubblicazioni edite, tra le altre, da Giunti, Silvana Editoriale, Electa, Mousse, CURA, Skinnerboox, Moretti & Vitali e Corriere della Sera. Scrive per Art e Dossier, Doppiozero e Atpdiary.

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