Il posto dove mi costringi ad andare in vacanza da dove ti mando questa cartolina di nero e bianco è un’aia in onda su tv centro marche indefinita casa colonica come ce ne sono altre cento sparse tra braccia di girasoli e piante di coriandolo che quest’anno vanno molto
il presentatore presenta la classica scena dell’entroterra mentre assaggia vino giallo il tipico formaggio sardo che ha invaso il pesarese negli anni settanta le pecore immigrate nelle barche il piccione ripieno parte integrante dell’architettura in terra e sterco
uno spiazzo violento di creste il dindo movimenta i bargigli con rapidi spostamenti del collo attacca se vede rosso la chioccia a difesa dei pulcini lancia beccate rapide artigliate da tigre della bassa val metauro si sistema sulla scala del pollaio a guardia
in realtà è una vecchia tavola da bucato tranne l’eternit qui non si butta via niente
si fa surf sulle erbe di campo il lupino la spragna
nonna abbraccia la scrova
il nero del fazzolettone – sembra un nome di tramezzino doppia razione – sui capelli fili il sinale
questa parola dialettale per dire grembiule sembra monte sinai al plurale
dove ha ricevuto le tavole della legge per cui deve prendere sverghe* finché il marito non muore di tifo restare curva in casa in curva su pentola o ferri da maglia a tifare
che la scrofa schiatti in fretta
diventare pelle della porcella che abbraccia
diventare unico
corpo prima che il coltello sgozza
sangue del suo sangue
(*botte)