uno così pensa che il movimento delle fronde, libero, l’oscillazione tra due verdi, i pixel dell’alberata, la doppia identità di ogni ovale, lancetta, micro-rombo, superficie di fogliame – allora uno pensa che questa cosa della moltiplicazione incalcolata delle icone come moltiplicazione delle due dimensioni (per enne) debba essersi innestata, inastata, impressa nell’identità già estetica del sapiens con il disaccentuarsi della percezione del pericolo:
quando cioè comincia il tratto 2.0 della vicenda della scimmia: non avverte più sempre l’assedio:
è la rigatura sul disco della specie: il momento preciso imprecisabile in cui lo sguardo inizia a poter osservare l’osservazione, lungamente, senza allarme:
poi le fiamme non sono l’incendio ma il camino, le onde non il naufragio ma la conseguenza dell’orizzonte:
le curve dei luoghi non sono solo il territorio da penetrare, provvedere di margini, ma quelle apprezzabili, non misurabili, viste dal fianco del treno, che ha un tragitto scelto, il plurale che non assedia:
uno così pensa