Non saprò mai cosa sarei diventato, fisicamente e mentalmente, se non fossi nato non dico nella ricchezza, ma sicuramente nel moderato privilegio sociale e nell’istruzione dei miei genitori, entrambi laureati, che si preoccupavano della mia salute nel dettaglio delle vitamine, della minaccia del rachitismo, dell’igiene dentale, della postura, della vista, insomma di ogni cosa riguardante l’allevamento del cucciolo d’uomo che, nel secondo dopoguerra italiano, fosse alla loro portata economica e cognitiva. Mi portarono al mare a 4 anni per farmi fare vitamina D. Per l’aria iodata. Dunque per vento e sole. E poi in ogni estate successiva a quel primo, indimenticabile, fondamentale mese passato in quello che da subito mi parve un universo alternativo di luce piacere libertà gelati e pizzette mangiati ai chioschi. Il fenomeno si ripeté fino a farmi credere che il mare d’estate fosse qualcosa di ineluttabile e di inesorabilmente dovutomi ogni anno e per tutto il resto della mia vita. E tranne qualche eccezione, fu davvero così. Ma da una certa età in poi fui costretto a procurarmelo da solo.

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Francesco Pecoraro
è nato a Roma nel 1945. Esercita il mestiere di architetto in un ente pubblico prima di scrivere i racconti di “Dove credi di andare” (Premio Berto, Premio Napoli), Mondadori 2007. Per qualche anno è titolare di un blog in rete di cui, nel 2008, pubblica una scelta di scritti: “Questa e altre preistorie”, Le Lettere. Nel 2012 escono i versi di “Primordio vertebrale”, Ponte Sisto. Pubblica numerosi saggi e racconti su giornali e riviste, cartacee e on line. Nel 2013 per Ponte alle Grazie esce il suo primo romanzo, “La vita in tempo di pace”, che è finalista al Premio Strega, vince il Premio Viareggio ed è tradotto in quattro lingue. Nel 2019 esce “Lo Stradone”, sempre per Ponte alle Grazie, finalista al Premio Campiello.