Il pino che si vede in questa cartolina è stato abbattuto (stava sulla collina di Posillipo), perché ormai pericolante, negli anni ’80 del secolo scorso. Anche la Napoli che si può vedere in questa cartolina è antica, come si evince dall’assenza di automobili nell’attuale via Gramsci (prima corso Umberto I e poi ancora viale Regina Elena). Una città che non c’è più, ammesso che sia mai esistita. La cartolina non è mai stata spedita, si trovava insieme a molte altre dentro una scatola di scarpe in un robivecchi di Cosenza, spiegazzata e impolverata. Che cosa si vede, allora, in questa cartolina? E soprattutto, che cosa si voleva che si vedesse, in questa cartolina?
In effetti, a chi spedire una cartolina di un luogo che non esiste più? Allo stesso tempo forse è l’unica cartolina che si sarebbe dovuta spedire, perché il paradosso della cartolina è di essere sempre fuori tempo, così come sono sempre fuori tempo le fotografie dei luoghi in cui ci troviamo e che ci ostiniamo a mandare ai nostri amici, o postiamo sul nostro profilo social. Vogliamo fermare l’istante, ma l’istante non si può fermare, proprio perché istantaneo. La cartolina vorrebbe così mostrare quello che non si può vedere. Quindi in realtà mostra l’invisibile. Mostra cioè quello che nessuno sguardo umano può vedere, ossia il semplice mostrarsi del mondo, nell’attimo indicibile del suo mostrarsi. Essere umano significa, infatti, non vedere mai quel che c’è da vedere. Noi stessi, osservando questa cartolina, non possiamo non vedere (una riproduzione molto ritoccata di) Napoli. Ma “Napoli” è un nome della lingua italiana, e nella cartolina non vediamo niente di simile. Noi vediamo quello che la cartolina significa, non quello che nella cartolina si mostra. Vediamo significati, sensi, storie. La cartolina non è il mondo, è un segno del mondo. Non vediamo, immaginiamo di vedere. La cartolina, in quanto immagine, è il caso esemplare di un vedere che si limita a vedere quello che già abbiamo visto, o pensiamo di avere visto.
E poi c’è (la riproduzione in plastica e in scala) un suricato (Suricata suricatta), un piccolo mammifero che vive nelle pianure aride e semi-desertiche dell’Africa meridionale, soprattutto nel deserto del Kalahari. Ai nostri occhi la sua caratteristica più singolare è l’uso della coda come di una sorta di trespolo su cui si appoggia per assumere un’impettita postura eretta. Il suricato sembra osservare la cartolina di Napoli, ma ovviamente non vede “Napoli”, ammesso che sia capace di vedere un’immagine come una immagine.
Abbiamo allora un segno tridimensionale (quello che rappresenta un animale in carne ed ossa) che sembra osservare un altro segno bidimensionale (che per chi è in grado di comprenderlo significa “Napoli”). Un segno che ‘legge’ un altro segno. E infine noialtri umani, che vediamo dei segni dimenticandoci che non sono che segni. Ma il mondo, che fine ha fatto? Ecco perché siamo curiosi di sapere che cos’è che vede il suricato, perché forse è l’unico in grado di vedere solo quello che c’è da vedere. Non la cartolina, proprio l’invisibile mondo.