C’è una luce strana oggi su Roma. O forse sono i miei occhi a non essere ancora pronti. Dopo otto mesi avevo quasi dimenticato quanto qui tutto potesse essere ingombrante – le pietre assolate riverberano di una luce anteriore, carica di anni, emessa nel passato ad una velocità finita. Ci vuole tempo per guardare.
Affretto il passo per evitare di accumulare altro ritardo. Sono sul fianco destro di Villa Ada e dovrei arrivare in via di Tor Fiorenza per vedere gli ultimi lavori di Gianni Caravaggio. Le opere sono esposte nel nuovo spazio romano di Rolando Anselmi.
Ho incontrato Gianni pochi giorni prima di questa mia visita. Abbiamo parlato a lungo nel poco tempo che avevamo a disposizione. Le parole hanno avuto la precedenza, ora vedrò le sue opere.
Rolando e Caravaggio: questi nomi si combinano e si sovrappongono nella mia mente muovendo pensieri e creando slittamenti. Gianni parla tedesco, l’ho sentito pronunciare qualche parola veloce, con la naturalità che si può permettere solo chi la lingua la conosce da sempre. Non ho mai creduto che nei nomi sia scritto qualcosa del nostro destino ma mi incuriosisce l’oscillazione temporale che si genera da questo accostamento.
Entrato in galleria so che troverò altri marmi. Non saranno più esposti alla luce antica ma a quella fredda e indagatoria del presente. Senza ombre. Qui l’ombra non c’è, è assente, si vede tutto, ogni dettaglio è scoperto e illuminato. La luce agisce ad una temperatura controllata. L’ombra non può entrare se non come argomento o materia di se stessa.

La galleria è un tempio geometrico senza colonnati o campate, la struttura è autoportante e ci sono livelli, altezze, estensioni, profondità ai quali si accede, attraverso gradazioni di bianco. I marmi non sono più ai lati, sono al centro. Sono altari del tempo disseminati nello spazio.
La prima opera sta immobile davanti a noi. È una foglia, una foglia che aspetta dentro una pietra. Verde Guatemala scalfito dalla mano di Gianni. È lui il vento. Lui è l’agente che l’ha animata. Altre persone attorno a me guardano.
Cercano gli altri frammenti di questa pietra madre e matrice. Alcune foglie si sono staccate dalla loro base e sono sparse sul pavimento della galleria. Anche loro aspettano lungo i lati, come sulla riva del tempo, di ricongiungersi, allontanarsi o distaccarsi per sempre.
Non è un problema di peso, questi lavori sono già nel pensiero. Le loro materie sono rivelate oltre se stesse, eludono la sostanza dei loro corpi. Più sotto ci sono albe e boschi. Sono condensati e sintetizzati in forme adagiate entro i confini di se stesse.

C’è una nevicata e un sole, i cui raggi sono circondati da un filo sottile, una matassa che si dipana e attraversa di linee il pavimento, mentre il bosco, schiacciato appena dal peso della neve, riporta un’eco silenziosa di rami.
Una colonna è sdraiata, adagiata come una sezione di tempo entro la quale si rincorrono infinitamente i semi di due anime disperse su sentieri immacolati.

Tutto accade a pochi passi, simultaneamente. Sono varianti atmosferiche e temporali, radunate in un emisfero circoscritto o forse un arcipelago di piccole isole che ci è concesso di attraversare. Accade sulla nostra iride, per qualche istante, in un tempo imprecisato, ancora prima e molto dopo il nostro arrivo.
Aspetto, mi fermo ancora un momento ed esco.
Fuori c’è ancora luce o ciò che essa ricorda.
Gianni Caravaggio. Il sole è nuovo ogni giorno
Roma, Galleria Rolando Anselmi
dall’11 giugno al 30 settembre 2021
In copertina: Gianni Caravaggio, Quando Natura era Giovane, 2020/2021, marmo Guatemala verde; fotografie di Andrea Rossetti, courtesy Gianni Caravaggio e Galleria Rolando Anselmi, Roma.