È notte fonda al Bar Tabù quando Ella, affranta e in cerca di qualsiasi cosa in grado di dare una scossa alla sua triste serata, ha la sventura di incontrare tre loschi figuri che non promettono nulla di buono. Sono i Giovanotti Mondani Meccanici, creature della notte, cyborg dalle rassicuranti fattezze umane, che nascondono i loro chip e circuiti elettrici dietro abiti e occhiali neri. È il 1984 e questa è la prima comparsa dei GMM in un “melodramma moderno notturno” pubblicato sulle pagine di Frigidaire, storica rivista fondata da Vincenzo Sparagna, Stefano Tamburini e Filippo Scozzari. E, a quanto pare, questo fumetto, sceneggiato da Andrea Zingoni e disegnato da Antonio Glessi, è anche il primo computer comics al mondo, realizzato in quel fatidico e ormai mitico decennio degli Ottanta in cui, nonostante le tecnologie dominanti siano ancora analogiche, cresce la consapevolezza che il futuro è nel digitale e in quei personal computer che diventano sempre più alla portata di tutti.
A distanza di più di trent’anni, i computer comics dei Giovanotti Mondani Meccanici, pubblicati tra il 1984 e il 1987, sono per la prima volta ristampati in una raccolta edita da Nero per il progetto Prima o mai di Ratigher, giunto alla sua sesta pubblicazione. Il volume è curato da Francesco Spampinato, storico dell’arte contemporanea e della cultura visuale, che per l’occasione ha ricostruito la multiforme storia del gruppo fiorentino in un lungo saggio di apertura, andando ben oltre i computer comics e analizzando tutte quelle esperienze che si sono diramate dalla prima pubblicazione su Frigidaire: video, performance, installazioni, prodotti televisivi, produzioni discografiche, opere di realtà artificiale e video diffusi sul web. Chi sono i Giovanotti Mondani Meccanici e da dove nascono? Ne scopriamo le origini nella Firenze degli anni Settanta, dove Glessi e Zingoni si incontrano perché entrambi giocano a basket, per poi cominciare a collaborare nel 1982 a Controradio, dalle cui frequenze trasmettono degli sceneggiati che già contengono quel mix di situazioni horror-gotiche e ironia che ritroveremo nei computer comics.

Scenari futuribili, violenza, atmosfere cupe e anche un certo linguaggio esplicito: sono queste alcune delle caratteristiche peculiari dei lavori dei GMM, ma anche di molte storie disegnate dai protagonisti del cosiddetto Nuovo Fumetto Italiano che ha proprio in Frigidaire una delle riviste più rappresentative. E in effetti Pier Vittorio Tondelli, ampiamente citato da Spampinato e dichiaratosi addirittura membro del gruppo, li ricorda insieme a Igort, Tanino Liberatore, Andrea Pazienza e Stefano Tamburini, in un articolo scritto in occasione della mostra Anniottanta (1985) per la quale Roberto Daolio curava una sezione dedicata al fumetto. Tondelli coglieva nelle loro strisce e nei loro video “il cuore sensibile, e a suo modo romantico, dell’elettronica”. Ma evidentemente quell’estetica low tech, ottenuta con una tavoletta grafica di uno dei personal computer più longevi e diffusi negli anni Ottanta – l’Apple II – era troppo distante dal disegno “scultoreo” di un Liberatore – e più in generale dalla grafica che un lettore di fumetti era abituato a vedere – per far sì che i GMM fossero inseriti appieno in questa storia.
Del resto, a partire dalle pagine di Frigidaire, la produzione dei GMM ha toccato gli ambiti più disparati. Spampinato la descrive come “quintessenza della cultura postmoderna, modello di ibridazione di media, linguaggi e narrazioni”. E infatti è proprio la contaminazione a caratterizzare fin da subito lo scenario in cui si muovono Glessi, Zingoni e tutti coloro che si sarebbero di lì a poco uniti al gruppo, primo tra tutti Maurizio Dami, aka Alexander Robotnick, che traghetta i GMM in ambito musicale componendo le colonne sonore dei video. Difficile dunque incasellare il lavoro del gruppo fiorentino: lo ritroviamo nelle antologie dedicate alla storia della videoarte italiana, ma anche inserito tra i primi esempi di computer art (All’alba dell’arte digitale. Il Festival Arte Elettronica di Camerino, a cura di Silvia Bordini e Francesca Gallo, Mimesis 2018), nonché in quella scena cyberpunk italiana dei primi anni Novanta che ha aperto le porte alla Net Art (Tatiana Bazzichelli, Networking. La rete come arte, Costa & Nolan 2006).

Naturalmente il volume a cura di Spampinato, oltre a ricostruire la storia del gruppo fiorentino, è anche un progetto editoriale che restituisce al lettore di oggi la possibilità di rileggere i computer comics e, soprattutto, di vedere le vignette come mai sono state viste. C’è un’operazione che potremmo definire non di semplice recupero, ma di restauro dei disegni. Un lavoro che da una parte ricostruisce filologicamente il processo esecutivo e dall’altra sfrutta le possibilità offerte delle odierne tecnologie, con il risultato di una resa tipografica ottimale, grazie anche a una carta di migliore qualità. In un’epoca in cui il computer difficilmente dialogava con altri dispositivi, l’escamotage seguito per la pubblicazione su Frigidaire consisteva nel fotografare il monitor e incollare ogni singola vignetta su un foglio bristol. La mancata corrispondenza tra il retino dei pixel dello schermo e quello della stampa offset determinava però una sorta di effetto moiré, una patina grigia che spegneva la luminosità dei colori. Ed è proprio questo il problema che si è riusciti a evitare. Per rimanere fedeli agli originali degli anni Ottanta, a quei colori e alla caratteristica forma della vignetta, dovuta alla bombatura dello schermo a tubo catodico, si è deciso di ripetere l’operazione recuperando un televisore dell’epoca, senza che vi sia più il problema di sovrapposizione dei retini. I colori sono così decisamente più brillanti e non è cosa da poco se si considera che si cerca qui di restituire i colori elettronici: quelli emessi dai fosfori dello schermo. Proprio per offrire un’esperienza “ravvicinata” delle immagini, tra una storia e l’altra, il volume include anche alcune vignette ingrandite a tutta pagina e stampate direttamente da computer (senza passare per la fotografia), mostrando nel dettaglio gli aspetti più tipici dei computer comics: grafica bidimensionale, linee scalettate dovute alla bassa risoluzione e una tavolozza limitata ai pochi colori dell’Apple II, tra i quali il bellissimo rosa fluo scelto per la copertina. Questa ristampa cerca perciò di restituire una visione quanto più possibile fedele alla visualizzazione delle vignette su uno schermo degli anni Ottanta, epoca in cui chiunque lavorasse al computer doveva fare i conti con supporti analogici: anche la produzione di un video necessitava di una postproduzione e di un riversamento su nastro magnetico.

Se poi si considera la già limitatissima risoluzione dei personal computer dell’epoca, ci si rende conto di come queste migrazioni da un supporto all’altro siano in grado di determinare visibili alterazioni dell’immagine.
Per disegnare le vignette, Glessi lavora su una griglia di appena 280 x 192 pixel e, come già detto, si serve di uno strumento user friendly: la tavoletta grafica della Apple. L’immediatezza d’uso che essa garantisce ben rappresenta quel processo di democratizzazione delle tecnologie digitali innescato dalla rivoluzione dei personal computer: l’informatica, dopo esser stata per decenni appannaggio dei solo scienziati, diventa alla portata di tutti. Da tale immediatezza d’uso ne discende quella caratteristica che Spampinato individua come peculiare della produzione dei GMM: quell’approccio dal basso che, a ben vedere, si ritrova in gran parte della computer art italiana degli anni Ottanta. Mancando istituti di ricerca che incoraggino la sperimentazione artistica e non essendoci perciò quelle condizioni che negli Stati Uniti, ma anche in alcuni Paesi europei come Francia e Inghilterra, hanno permesso fortunati incontri tra artisti e ingegneri elettronici, è proprio la diffusione dei personal computer a incentivare la nascita di una scena artistica basata sulle tecnologie digitali. Certo è che se per tale approccio “dal basso” si intende l’uso di macchine non professionali e, conseguentemente, l’adozione di un’estetica low tech, rimane diffuso tra i protagonisti della computer art italiana, come Adriano Abbado, Crudelity Stoffe, Correnti Magnetiche e Guido Vanzetti, l’uso del linguaggio di programmazione per generare immagini e animazioni. E spesso questo si accompagna a un discorso sulla specificità del medium, questione all’epoca molto dibattuta e strenuamente difesa da chi interpreta la computer art come “arte del computer”, tutta interna al mezzo: è la creazione di immagini tramite numeri e algoritmi che determina una rottura epocale con i sistemi di rappresentazione e, di conseguenza, un’arte nuova che si affranca dalla tradizione. Niente di tutto ciò nel lavoro dei GMM: il loro approccio “dal basso” è proprio nell’uso immediato e intuitivo di uno strumento manuale come la tavoletta grafica che garantisce la libertà espressiva dell’atto creativo. E, sebbene i computer comics celebrino, indubbiamente, quest’estetica tutta nuova delle immagini sintetiche, rappresentano già un tentativo di contaminazione con altri linguaggi e forme espressive.
Al di là del processo esecutivo, tale contaminazione è infatti insita nella stessa idea di far “uscire” le immagini digitali dallo schermo per farne un fumetto. È anche questo aspetto narrativo e linguistico a caratterizzare il lavoro dei GMM: le vignette di Glessi si accompagnano alla scrittura di Zingoni che spazia da dialoghi più rudi ed espliciti a un linguaggio più poetico, senza neppure rinunciare alla rima e a una certa musicalità della parola, con un frequente ricorso alla ripetizione (“e cammina cammina nella notte nera nera il brivido di esotica rarefatta primavera…”).

Un’altra contaminazione degna di nota è quella con la scena musicale: il primo video, derivato dalla storia di Ella, è presentato in uno dei luoghi più emblematici della scena post-punk fiorentina, il Manila, e la musicassetta della colonna sonora, composta da Alexander Robotnick, viene pubblicata dall’etichetta indipendente Materiali Sonori. Uno degli aspetti più interessanti di questa musica è che, esattamente come le vignette disegnate da Glessi, è realizzata con un Apple II. Più precisamente, Dami utilizza un sintetizzatore, l’AlphaSyntauri, che prevedeva anche una visualizzazione su monitor delle note suonate e che, per intenderci, è lo stesso adoperato da Mauro Sabbione in un disco che ha fatto storia, Tango dei Matia Bazar, dove la musica pop incontra le sonorità synth-elettroniche.
Interessato da anni al rapporto tra musica e cultura visuale, Spampinato tratteggia nel suo saggio un’interessante contestualizzazione del lavoro dei GMM nella Firenze del tempo: città di sperimentazioni artistiche, nonché uno dei più fecondi centri della scena post-punk italiana, dove in discoteche come il Tenax e il già citato Manila, si consumano sperimentazioni tra teatro, arti visive e musica. Non è un caso che la seconda tappa di questo progetto sui GMM sia dedicata proprio alla dimensione musicale del gruppo fiorentino: la colonna sonora del primo video, composta da Robotnick e distribuita su musicassetta in meno di cento copie nel 1984, è stata appena restaurata e ristampata su vinile da Mannequin Records.
Francesco Spampinato (a cura di)
Giovanotti Mondani Meccanici. Computer Comics 1984-1987
NERO Editions, Roma 2021
pp. 118, 25 €
In copertina: vignetta tratta dal computer comics dei Giovanotti Mondani Meccanici, Giovanotti Mondani Meccanici contro Dracula, “Frigidaire”, n.44, luglio 1984