Si continua a chiacchierare, no? Ricordando Giuliano Scabia

Sarà difficile e insieme doveroso, adesso che il suo tempo terreno si è fermato, guardare nella sua interezza e complessità l’opera di Giuliano Scabia, anche nei risvolti generosamente affidati a molti fogli volanti. Ancora con il cuore pesante per la sua scomparsa, temuta ma mai accettata, voglio ricordarlo con due sue cose recenti che interrogano la vita e la morte, una sorta di preparazione al suo stesso congedo.

La prima appartiene al volumetto uscito per Casagrande nel 2019, lo stesso editore di Lettere a un lupo anche se Scabia è autore prevalentemente einaudiano. Si intitola Una signora impressionante. Della poesia e del teatro il corpo, ideale continuazione dell’altra sua bellissima raccolta di brevi prose del 2006, sempre per Casagrande, Il tremito. Che cos’è la poesia.Entrambi i libri raccolgono i suoi sparsi, preziosi frammenti filati con il filo d’oro della sua idea di poesia e di teatro: costituiscono infatti il suo racconto epico-filosofico condotto nelle diverse forme del dialogo, del racconto, della divagazione, dell’aneddoto colto o del breve commento. Saranno utili a chi vorrà affrontare uno studio sistematico di questo autore. Raccolta importante la prima e raccolta importante anche La Signora impressionante che riunisce, su mia affettuosa e lombardamente pressante sollecitazione, testi davvero belli che sarebbe stato un peccato restassero dispersi.

Una signora impressionante racconta infatti, come aveva ben visto Fabio Pusterla, il corpo-poesia e la scrittura come atto corporeo, nata per aggregare per ascoltare e farsi ascoltare, che vive e si manifesta in voce, tono, gesto, ritmo, azione. È una sorta di filò fatto di dialoghi filosofici e poetici, in un continuo rilanciare storie e poesie che emergono da un fondale veneto riconoscibile nel suo retaggio ancestrale così simile a cose di Zanzotto o di Meneghello.

È un libro anche testamentario, come mostra il passo che propongo. Nel finale di uno dei dialoghi più belli, Dialogo con Kublai Khan sulle infinite città invisibili, nella sezione centrale del libro, De civitate hominis, troviamo il senso ultimo di quella curiositas che ha mosso tutta l’opera di Scabia, la sua inchiesta inesauribile inserita in una Arcadia immaginata che riguarda la stessa morte:

La vita è il viaggio nel desiderio di conoscere, di apprendere, di possedere forse: anche se il possedere può rivelarsi molto distruttivo. Io me lo immagino così l’infinito: fiori che sbocciano continuamente, galassie che vivono in un giardino infinito di masse che continuano a girare – sono città visibili/invisibili. E questa cosa anche se so che morirò mi diverte. Sono curioso di vedere cosa si vedrà ancora dell’origine dell’universo, del tempo; quali altre equazioni bisognerà inventare per capire altri infiniti, capire perché a un certo punto nasce la vita, dove va. Come poeta mi pongo queste domande, come se le ponevano Foscolo, Dante, Petrarca, tanti. Scienziati, poeti, forse. Tutti sotto sotto si pongono queste domande.

Alla domanda conclusiva di Kublai Khan su che cosa facciano i poeti, l’interlocutore Giuliano risponde: «Sono qui che annotano nei loro Zibaldoni».
Giuliano era presente e attento a tutti quelli che incontrava sul suo cammino, che avevano collaborato con lui, che avevano battuto qualche sentiero insieme a lui. E quando qualcuno se ne andava aveva un ricordo, anche in poesia. Questo che propongo me l’aveva girato nel gennaio scorso, non ricordo dove fosse destinato, forse doveva entrare nel suo Canzoniere. All’amico scomparso tragicamente dedica questi versi che interrogano il senso della morte:

Chi sia la morte ancora non sappiamo
Ricevendo la notizia della morte di Paolo Bruni, scenografo

Oggi abbiamo perso. Nel castello
che il teatro ha tenuto acceso (illuminato)
hanno trovato Paolo Bruni impiccato (appeso)
nel suo laboratorio. Era solo, disperato.

Nel castello vuoto, cupo, Paolo era solo
e disperato: solo nella notte immensa
(troppo immensa) davanti al mare smisurato. È
dal suo laboratorio che Paolo ha scelto di partire.

Chi sia il partire ancora, noi vivi, non
sappiamo. Com’è lunga l’attesa, com’è
intensa, talvolta impaurita, smemorata.
Dove sei, morte, ad aspettare?

Come sia l’arte di morire ancora – forse
giustamente – non vogliamo imparare.
Eppure quell’attore del Gruppo dei Fioretti
chiamandola sorella ce la provò insegnare.

Sorella cara, dura, necessaria, ascolta:
ti racconto di quando Paolo scenografo
nel castello inventò con me le scene
della commedia della fine del mondo

preparando quando il meteorite spiaccicatore
su noi stava per arrivare. Chi sia, la morte,
ancora non sappiamo. Cari amici
teatranti, amorosi di sogni e di avventure,

due soglie necessarie attraversiamo, il nascere
e il morire. Partire (morire) è l’ultimo dono
della vita. Paolo Bruni là nel suo laboratorio
dal cuore del castello verso il mondo accanto vola.

(2 gennaio 2021)

Mi piace chiudere con le sue stesse parole, ancora una volta un addio, le Sette stanze per Angelo Scandurra, appena uscite sul numero 323, maggio-giugno 2021, della rivista «l’immaginazione». Le faccio mie per lui a mo’ di conclusione:

Addio, amico. Chi più umano di te? Chi meglio di te capiva la poesia? Come mi mancherai. Intanto si continua a chiacchierare, no?

Venezia, 23 maggio 2021

La foto di copertina è stata scattata da Silvana Tamiozzo Goldmann ai funerali di Giuliano Scabia, tenutisi il 22 maggio alla SS.ma Annunziata di Firenze. In primo piano una composizione dello stesso Scabia, uno dei tanti pupazzi da lui stesso realizzati per le proprie messe in scena, che effigia il suo animale totemico le Nane Oca.

è andata in pensione il primo ottobre 2020 come professore associato di Letteratura italiana contemporanea a Ca’ Foscari. È attualmente Senior Researcher e Responsabile degli Archivi delle “Carte del Contemporaneo” al Centro Interuniversitario di Studi veneti (CISVe). Si è occupata di Rovani (Edizione dei “Cento anni” e altri lavori) e di altri narratori dell'Ottocento e di narratori e soprattutto poeti contemporanei. A Scabia, a partire dalla monografia “Giuliano Scabia. Ascolto e racconto” (Bulzoni 1997), ha dedicato diversi studi e una giornata di studio a Ca’ Foscari per i suoi ottant'anni, i cui Atti sono raccolti nel volume – consultabile liberamente online – “Camminando per le foreste di Nane Oca”, a cura di Laura Vallortigara, Edizioni Ca’ Foscari, Quaderni veneti. Studi e ricerche, 2016.

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