Michele Spanghero. Ad Libitum

Lo scorso 20 marzo ha inaugurato Ad Libitum, la seconda esposizione personale di Michele Spanghero presso la sede parigina della Galleria Alberta Pane. Il titolo della mostra fa riferimento alle due sculture sonore realizzate dall’artista. Entrambe note come Ad Lib, sono frutto dell’insolita combinazione di un ventilatore polmonare e di sei canne d’organo. Gli strumenti vengono collegati ai dispositivi medici: reinterpretano un brevissimo passaggio dell’Ein Deutsches Requiem op.45 (Un Requiem Tedesco) di Johannes Brahms, al ritmo incessante della respirazione artificiale. Le opere si fronteggiano in un dialogo serrato. Le posizioni sostenute sono le stesse. Non sembra esserci via d’uscita, non c’è un punto d’arrivo. È un vuoto assordante, ma la risonanza del silenzio viene interrotta da un loop assiduo, in bilico tra ostinazione e rassegnazione. Un solo accordo – un Fa – per affermare la vitalità di ogni singolo frammento. I disegni preparatori delle opere fanno da cornice al tutto. Il tempo è solenne, niente oltre l’istante.

Michele Spanghero, Ad Lib, 2020

La meccanicità dei gesti restituisce il peso dell’assenza, il rumore di fondo delle nostre vite. Il calore del respiro cede il passo alla freddezza del calcolo, della reiterazione. Ma l’automatismo, in fin dei conti, va di pari passo con la spontaneità. Prevale l’istinto. Le opere di Spanghero prendono forma nell’interazione, nella collettività. Presagiscono una fine incerta. Se da una parte, infatti, l’organo allude alla sacralità liturgica, dall’altra il ventilatore polmonare rimanda alla razionalità scientifica[1]. In tal senso, l’artista si sofferma sul concetto di persistenza terapeutica – il mantenimento nel tempo di una terapia farmacologica. È una scelta: finché qualcuno non stacchi la spina. Le sculture sonore invitano a riflettere sui limiti della tecnologia stessa. Sono una metafora, la paradossale organicità dell’artificio. Non si tratta semplicemente di applicare una melodia, un ritmo o un’aria alle sculture, ma di condurre un’indagine sulla visualizzazione simbolica del suono[2]. Ad Lib è uno stato d’incontro, l’antinomia della contemporaneità.

Spanghero (Gorizia, 1979) è sound artist, scultore, fotografo, performer, drammaturgo. Laureatosi in lettere moderne all’Università di Trieste, si dedica al teatro e alle sperimentazioni sonore. Il passaggio alle arti visive avviene in un secondo momento. Intraprende l’attività espositiva con una certa costanza dal 2007, affrontando il rapporto tra spazio e percezione. La produzione dell’artista, pur sfruttando diversi media, mantiene un approccio estetico coerente. Forme essenziali testimoniano il raggiungimento di una maturata consapevolezza metodologica[3]. Gli stessi bozzetti di Ad Lib risalgono al 2010, sebbene la prima versione dell’opera venga realizzata solamente tre anni dopo. Questa scultura sonora, inizialmente, riproduceva un cluster dissonante – un accordo che comprende almeno tre note adiacenti in una scala – così da rendere meno consolatorio il suono dell’organo. La decisione di utilizzare l’opera di Brahms arriva in seguito alle reazioni infastidite degli spettatori[4].  Tuttavia, le numerose riproposizioni di questo lavoro mostrano quanto la ricerca dell’artista risponda a un’esigenza concettuale. È un movimento costante, talvolta impercettibile. Il pubblico è parte integrante del processo creativo. In Ad Lib il nostro respiro è il coefficiente d’arte, lo scarto tra il progetto e la sua effettiva realizzazione. Noi siamo gli interlocutori chiamati in causa: continuare o interrompere tutto.

Michele Spanghero, Ad Lib, 2020 (studio preparatorio)

A questo punto, non verrebbe così spontaneo associare il lavoro di Spanghero alla ridondanza dei Migos, ai neologismi di French Montana o alle onomatopee di Gucci Mane. Eppure hanno qualcosa in comune. Per quanto possa sembrare dissacrante, c’è un filo conduttore. L’omonimia tra questi suoni – comunemente noti proprio come “Ad-Libs”- e le opere esposte non è affatto casuale. Il termine è infatti l’abbreviazione di “Ad Libitum”, espressione latina del libero arbitrio, della libertà di scelta. È la volontà. In particolare, è una dicitura utilizzata negli spartiti musicali per indicare una serie di battute ripetibile un numero indeterminato di volte, a scelta dell’esecutore – alla stessa stregua di Quavo e soci. D’altronde, lo stesso Requiem di Brahms si configura come un’opera corale, come un lavoro meditativo in cui l’intervento dell’organo è prescritto “Ad Libitum”. 

Spanghero procede per sottrazione[5]: ogni principio compositivo viene meno, ogni contenuto narrativo passa in secondo piano. In un certo senso, le opere sembrano paventare un rischio. Troppo spesso, infatti, lo spazio espositivo diviene asettico, distante. Specie in questo caso, risulterebbe fin troppo facile associare le bianche mura della galleria a una corsia d’ospedale. È innegabile: oramai la presenza dei ventilatori polmonari non può che rimandare all’emergenza pandemica. Rappresenta una mancanza. Ma forse, più che una perdita, il punto d’incontro è l’assenza. L’intento è di perseguire l’equilibrio tra silenzio e rumore. Astrarre e risemantizzare la realtà circostante[6], per comprendere il paesaggio sonoro della nostra quotidianità. Nelle opere di Spanghero il coinvolgimento è un elemento costante, centrale. La necessità di un confronto rimette in discussione  quell’inerzia latente, quell’indolenza insita nello stesso concetto di spettatore. L’arte è un interstizio sociale.

 “Affinché tutto accada di nuovo, oltre che il nulla vada perduto”[7].


[1] Moulon, Dominique, “A Breath of Eternity” in Ad Libitum. Michele Spanghero (Presskit), Galerie Alberta Pane, 2021, https://www.albertapane.com/media/pages/exhibitions/ad-libitum/07ed60ff38-1615478828/pr_adlib.pdf

[2] Biasini Selvaggi, Cesare, Catricalà, Valentino, Arte e Tecnologia del TerzoMillennio, Electa, Verona, 2020, p. 107

[3] Marelli, Marco Roberto, “Five Questions for Michele Spanghero” in Forme Uniche, 24/04/2019, http://formeuniche.org/five-questions-for-michele-spanghero/

[4] Ludovico, Alessandro, “Michele Spanghero. Interview” in Neural, Vol #66 Summer 2020 “State of Emergency”, Associazione Culturale Neural, p. 18

[5] Venturi, Riccardo, “Michele Spanghero. Galerie Alberta Pane” in Artforum, Vol. 56 No.10, Summer 2018, p. 321

[6] “Interview with Michele Spanghero” in Untitledv, 15/2/2020, http://www.untitledv.com/2020/02/interview-with-michele-spanghero.html?m=1

[7] Raein, “Nirvana” in Sulla linea d’orizzonte tra questa mia vita e quella di tutti, Self-Released, 2011

In copertina: Michele Spanghero, Ad Lib, 2020 (partitura)

(Roma, 1993) si è laureato con lode in storia dell'arte all'Università “La Sapienza” di Roma, attualmente assistente bibliotecario presso il MAXXI di Roma. È stato collaboratore dell’artista Maria Dompè e mediatore culturale presso il Palazzo delle Esposizioni. Curatore indipendente, si occupa prevalentemente del rapporto tra arte contemporanea e società.

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