Le foto della serie sono state scattate con un filtro all’infrarosso, ovvero un filtro che blocca la luce visibile e lascia passare solo l’infrarosso.
La luce è un insieme di radiazioni elettromagnetiche di lunghezze d’onda diverse, che noi percepiamo come colori differenti. L’occhio umano non vede le radiazioni infrarosse, ma, al contrario, il sensore della macchina fotografica le registra.
Una foto all’infrarosso è quindi una fotografia di qualcosa che per noi è invisibile.
Il colore infrarosso non esiste.

Elio Mazzacane

Il percorso di poesia e fotografia qui raccolto nasce dalla richiesta, nel 2016, da parte dell’organizzazione del Premio Tirinnanzi in cui ero finalista con Bianco (nottetempo 2016), di cinque immagini che in qualche modo illustrassero la mia poesia.

A questa richiesta si sarebbe potuto rispondere in molti modi: la scelta è stata di dare risposta con un’indagine fotografica che a partire dalla poesia – dalla sua capacità di evocazione del non visibile insieme al visibile, per rendere un mondo intero e completo di tutti i suoi elementi – esplorasse un territorio proprio, e anzi quel territorio che normalmente alla fotografia è proibito. Le immagini sono state poi molte più di cinque…………

Non essendo dato al nostro occhio in natura, non essendo quindi prestabilito, l’infrarosso manifesta una versatilità estrema, impone una continua scelta di poetica.

Dal canto mio, insieme ai testi di Bianco ho voluto aggiungere alcune serie successive, il secondo movimento di Ultravioletto, ne I legni (Lietocolle/Pordenonelegge 2018), e un testo da una raccolta ancora inedita, I nomi, come segno del proseguimento della ricerca nella scrittura.

Le foto qui presentate sono state scattate nel piccolo bosco di Wistman’s Wood a Dartmoor, nel Devon, ultimo resto di una foresta probabilmente preistorica, attestata negli scritti per più di mille anni.

Laura Pugno

da Bianco (nottetempo 2016)

*

neve,
tu sei venuta qui,
sei venuta come la neve

questa è la voce, i rami di ciliegio nudi,
la tua voce e ora

ora, nelle macchie di neve
– le macchie di sole –

tutto sembra diventato neve sulla terra

*

betulle bianco e sangue
con piccole luci,
tre contro il cielo

vai per un campo segnato a calce
dici che vedi, che hai fiducia,
nell’aperto

*

tutto è stato una e una volta
prima degli alberi bianchi,

tu non sei nell’ombra,
sei un sasso liscio
la neve illuminata
da una luce interna,

sotto i tuoi piedi la terra splende

*

ritorna,
dove non c’è stagione ma solo inverno,
sceglie sul greto del fiume
la sua forma

di bianco in bianco, e a volte
lacerando

*

e tu, vieni a questo che è poco,
come un inizio,

il tempo non deciso,
prima della disposizione delle ombre,
del vento a taglio spazzando
la superficie

*

non pesa sulla neve il rosso
la volpe a tuffo,

tra le mani è lampada,
ha appena calore

e continueremo a vivere così in cerchio
a passarci il sasso e le parole

*

non è preceduta dalla luce
non è altra ora questa,
rischiara,
e potresti, anche tu, prendere sonno

ti alzi e vai in cucina
scaldi un bicchiere di latte,
qualcosa non vuole finire

*

la voce che potrebbe chiamare dall’altra stanza,
se solo,

è diffusa sui tetti
è lieve,
ricomincia, o non è la stessa

non ci sono rumori,
qualcosa che guarda ogni cosa, e bellezza

*

prende anni, poi accade,
lo vedi in questa mattina di dicembre
guardi e guarderai,

poi la sciarpa e le braccia che tremano. Nessuno
è sceso sulle piste,
c’è nebbia fino alle forme più piccole,

il disgelo

*

dov’era il bianco sulle dita,
o tra le clavicole

la pelle più chiara. Andranno avanti,
si farà sera

una volta e un’altra, le notti in cucina
e tutto quello che è animale è
vivo, è vivo

Ultravioletto II, da I legni (Pordenonelegge 2018)

sai se siamo esposti alla luce,
se hai scudo

dal sole,

e il colore quasi invisibile
verrà
– tra luce e luce, tra alba e biancore –

saprai nel vederlo
quanto a lungo rimarrà accesa la lampada

ciò che accade, pioggia e luce
il cadere, lo stare
fermo o andando,
movimento che si è mosso

è questo scorrere,
vento nel grano,

quello che vedi puoi toccarlo –

il tuo ultravioletto,
il non vederti,

è con il corpo ed è tutto,
l’oltre,
il più in là
(per quanto il corpo)

per gli occhi passa,
per gli occhi passa, va
verso la luce

volge verso luce,
il chiaro,
stella del rosso,

se adesso è così alta,
stanza che viene aperta al giorno,

vedi: figura in lontananza,
corpo che cammina sulla sabbia

all’inizio è vuoto,
resta vuoto,
conta di nuovo,

la parola lisciata come un sasso,
fiume da fiume

ti ritorna,
in bocca, in tasca
sasso denso,
potrà starti nei reni, taglieranno

non ci sarebbe se non
ci fosse pericolo: è
per questo che a notte

apre di colpo gli occhi

per essere vista per essere detta
parola, parola la stessa

La parola fa questo, da I nomi (inedito)

i corpi si dispongono,

intorno a te con le loro ombre,
sono nello spazio

sono lo spazio e tu

conosci per sempre i loro nomi
e ne prenderanno altri,
anche quelli
conoscerai, sarà tempo.

Ora, da sola,
(da solo)

li vedi che usano il corpo con calore,
che si toccano
come se conoscessero,

ma senza sfiorare la materia d’ombra,
il suo peso,
il nero che la muove

la luce separa nettamente
di qui e oltre sé
visibile, invisibile, infrarosso

sai che è lì,
che non lo percepisci, la tua stessa
luce-incendio.

Il giorno dopo trovi queste parole,
pietra oscura,
pietra splendente.

Da luoghi diversi ti chiamano,
nominano ciò che non
hai visto ancora,
e dalla lamina d’oro
viene questa parola, agnello
cadesti nel latte,

così bianco cadi –

come se non ci fosse altro bianco,
altro libro da scrivere:

ma la lingua nuova, sempre, le nuove cose
la chiedono e sotto,
o dietro, nel nascosto,
ciò che è cosa da sempre,
la chiede a te, impara
il balbettio del mondo,
il giorno già accecante che ti riscalda le spalle,
poi se la notte cade
lentamente o di colpo, e in quale punto del mondo,
sceglierai il suo cadere, il cambiamento –

in quale punto del mondo sei a dire,
in che lingua,
confondi la tua
e parli solo, allora
la lingua del sole sulle cose,
nel cieco del corpo?
o la sua parte, che più vede:

la poesia che puoi portare
in tasca, che scrivi su ogni specchio
o riflesso, sulle luci che in tasca
ti bruciano,
e il conto degli attraversamenti
non va a zero,
tutti i mari ricordati,
dove i nomi e gli oceani si incontrano e oltre,
c’è solo una terra bianca, penisola, il non scritto, e oltre.

LAURA PUGNO, poeta e scrittrice. Tra gli ultimi libri, i romanzi “La metà di bosco”, “Sirene” e “La ragazza selvaggia” (Premio Campiello Selezione), Marsilio 2018-2016; il saggio “In territorio selvaggio”, nottetempo 2018; l’“Oracolo manuale per poete e poeti”, con Giulio Mozzi, Sonzogno 2020, e le raccolte di poesia “L’alea”, Perrone 2019, e “Noi”, Amos 2020. Collabora con “L’Espresso” e “Le parole e le cose” ed è tra i curatori della collana di poesia “I domani” dell’editore Aragno. Dal 2015 al 2020 ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid.
*
ELIO MAZZACANE, fotografo e videomaker, lavora dal 2000 come regista per la Rai, dove è autore di documentari per “La grande Storia”. Menzione speciale al Premio Ilaria Alpi, ha partecipato al Festival DIG-Documentari Inchieste Giornalismi di Riccione e alla Giuria del Premio Solinas sul Documentario. Con Laura Pugno è autore de “Il colore oro” (“fuoriformato” Le Lettere 2007). Nel 2008 ha esposto una mostra personale al Festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia.

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