Luci e animali feriti

27/12/2020

“e la forselepre troverà un riparo/ si metterà nella tasca dell’inverno/ e il forselupo non la vedrà/ e qualcosa brillerà/ nella forseluce“. È questo un testo centrale dell’ultima opera di Francesco Balsamo (Luci e animali feriti, Coup d’IdéeEdizioni d’Arte di Enrica Dorna, Torino 2019). Un’opera che se rivela una certa vicinanza ai paradossi e alle malìe della fiaba lo fa come un gioco a carte scoperte. Un’opera dove la luce e la tenebra, l’umano e l’animale, l’inverno della vita e quello stagionale, la natura e la cultura, l’aperto e il rifugio diventano frammenti che continuamente si combinano e disperdono. E non solo a parole. Anche attraverso i disegni questi brandelli di temi sono richiamati ai sensi: a volte con un’immediata presenza, diremo a portata di parola; altre volte dopo pagine e pagine si risveglia la visione di un frammento osservato prima. Ma può accadere anche che il senso di una parola o di una frase, che a tutta prima ci pare oscura, si chiarifichi o prenda linfa dall’incontro con un disegno.

Balsamo è dunque riuscito in un lavoro complesso: fare dei brani visivi di disegni e parole l’eco di un mondo a parte, franto, ma che conserva il senso di una nostalgia dell’intero. Dove parole e disegni sono alleati metaforici, polisemici, pezzi di specchi che vengono a noi come visioni ipnagogiche. Qualcosa in cui è la vita a mettersi in gioco trasfigurando la realtà, per suggerirci poi che è quella metaforica la realtà più feconda. In questo rincorrersi di frammenti verbali e frammenti visivi si trova il senso di un congedo profondo, un sublime e definitivo addio all’artificio narrativo, alle prospettive temporali, alla logica della non-contraddizione. Il nero delle immagini disegnate ci conduce in superfici di mere presenze, di memorie galleggianti, di istanti, di tracce, di atmosfere pregne di surrealtà.

In questo lavoro il rapporto tra immagine e parola investe varie strategie combinatorie che si susseguono nel corso del libro. Mai come oggi questo rapporto è divenuto ipertrofico: le parole si affastellano intorno a un’immagine influenzandone il campo percettivo e veicolandone il senso; e le immagini entrano nel solco del testo letterario schermandone e talvolta appiattendone il significato. Ma in questo lavoro di Balsamo non è così, e non importa stabilire che rapporto vi sia tra testo e immagine, tra descrizione e rappresentazione (vi è sicuramente anche una relazione analogica, benché molto diversa dalla formula oraziana dell’ut pictura poesis). L’importante è piuttosto lasciarsi trasportare in un’esperienza sinestetica rara, dove nei loro campi discreti la parola poetica e il disegno si trasmettono tensioni, creando un campo semantico in cui continuamente accadono osmosi.

“La memoria rimescola e affastella in disordine gli avvenimenti. L’incongruenza dei sogni scompiglia la logica successione del tempo, mettendo in forse persino l’irrevocabilità della fine.” È questa una citazione da un testo di Angelo Maria Ripellino intorno all’opera di Bruno Schulz che Balsamo ha scelto per un suo progetto espositivo del 2012, e che oggi possiamo leggere a compendio di un lavoro che né la poesia né il disegno definiscono esaustivamente e che ha trovato (cosa rara!) in Luci e animali feriti la misura di una felice coabitazione. Così inchiostri, grafite, forme svisate, silhouette e frammenti di segni e parole dall’alto tasso semantico, tratteggiano il senso di un discorso impermanente, fatto di mano e occhio, e che nel suo formularsi ci ricorda un verso di Amelia Rosselli: “Prendi la penna e impara a guardare”. E l’immaginario è stimolato da questo lavoro anti-illustrativo, dove ritorna spesso la parola candela e mai un disegno di candela. Ma la luce che sostiene le sue immagini sembra proprio quella sognante di questa fonte di luce ancestrale. Ed è qui che si ritrova il nesso tra parole e disegni. Qui accade l’illuminazione poetica, la sorgente luminosa di una metafora viva.

Francesco Balsamo
Luci e animali feriti
Coup d’Idée Edizioni d’Arte di Enrica Dorna
Torino 2019, pp. 93
€ 20

In copertina: ©Yamamoto Masao, A box of Ku, #13, 1991/1996
gelatin silver print, cm 4×6

Davide Racca

è nato nel 1979 a Napoli, dove si è laureato in filosofia. Si è formato in affresco e pitture murali e ha investigando vari media espressivi.
Ha pubblicato raccolte di versi e tradotto poesia e narrativa di lingua tedesca. Scrive di arte moderna con incursioni nel contemporaneo per l’inserto culturale Alias Domenica de il Manifesto.
Vive e lavora tra l'Italia e la Francia.

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