È in uscita il numero 51 della rivista «Poeti e Poesia», che contiene questa versione di Anna Ruchat. La proponiamo ai nostri lettori per la cortesia dell’autrice e del direttore della rivista, Elio Pecora.
A.C.
Nato il 23 novembre 1920 a Cernovitz, nel crocevia linguistico e culturale della Bucovina, Paul Celan, anagraficamente Paul Pessach Antschel, crebbe e si formò all’insegna di quel dialogo tra le civiltà che era stato la cifra della cultura europea antecedente la prima guerra mondiale e che si era conservato in alcune nicchie del continente fino all’inizio della seconda. Dopo la fine della guerra e la morte dei genitori deportati nel campo di Michailovka, in Ucraina, Celan si trasferì a Bucarest nel 1945, a Vienna nel 1947 e nel 1949 a Parigi dove poi vivrà fino al suicidio nel 1970.
«Quanta vita contiene questa parola? Quanto movimento? Quanto senso racchiude questo verso e quale lessico, quale sintassi ne può fissare una pur provvisoria corrispondenza? Qual è il peso di questo aggettivo, la sua durezza o vischiosità?» sono le domande da cui si sono lasciati guidare Michele Ranchetti e Jutta Leskien nella traduzione di Sotto il tiro di presagi. Poesie inedite 1948-1969 (Einaudi 2001). Queste stesse domande hanno sostenuto la mia versione di Engführung – pubblicata per la prima volta in Sprachgitter (Grata di linguaggio) nel 1958 – che viene ad aggiungersi alle altre già pubblicate in italiano. Non propongo una interpretazione diversa del testo tedesco, ma puntualmente vorrei che emergesse il più possibile la materialità a volte luminosa, a volte sorda o addirittura inerte, delle parole. In un testo così ritmato dalle ripetizioni e scandito dai sostantivi, così ostico e però sapienziale, quasi cabalistico (il poema appare come una sorta di «preghiera magica». «Il Suo Libro dei raggi, il Suo Zòhar», dice Nelly Sachs dell’intera raccolta, Sprachgitter in cui Engführung è contenuta) dove il tema della Shoah subisce una torsione semantica e strutturale in direzione di una disperata apertura al dialogo, è al centro, per il traduttore e forse non solo, la questione materiale della lingua, della parola e dei suoi irraggiamenti. «I cristallini angeli di lettere – trasparenti nello spirito – impegnati nella creazione, ora – subito», scrive ancora Nelly Sachs nella sua lettera del 3 settembre 1959 (Paul Celan-Nelly Sachs, Corrispondenza, Giuntina 2018). Angeli di lettere: basti pensare a «Gras, auseinandergeschrieben// erba, separata nella scrittura». Gras (erba), come ha già notato Camilla Miglio, al contrario si legge Sarg (bara) e per un caso fortunato le lettere di erba producono bare anche in italiano.
Fin dal titolo Engführung, denuncia architettura e contenuto del poema e una doppia valenza, statica e dinamica. Engführung si può tradurre con “stretta”, termine musicale che indica l’ultima parte della fuga, privilegiando così il rapporto, dettato dal riferimento alle strutture musicali, con la Fuga di morte, che esce una prima volta in rumeno nel 1946 con il titolo Tango di morte e solo nel 1948 in tedesco nella raccolta Mohn und Gedächtnis (Papavero e memoria). Con l’uso del termine “stretta” si mette anche in luce una convergenza di temi e motivi, nonché tutta la rete di senso legata al tema dello sterminio degli ebrei, della morte sottratta, che percorre e permea l’opera intera di Celan. Ma il riferimento questa volta non è soltanto alla shoah: «Nel mio ultimo libro (Grata di linguaggio)» scrive Celan nel 1962 a Eric Einhorn (Paul Celan-Erich Einhorn, Tu sai cosa sono le pietre…,Prova d’artista-Galérie Bordas 2020), un amico di giovinezza, «troverai una poesia, Stretta, che evoca le devastazioni della bomba atomica». E il passo a cui allude è il seguente: «Uragani. / Uragani, da sempre, / tempeste di particelle, tutto il resto / tu / lo sai, noi / lo abbiamo letto nel Libro, era / opinione».
C’è anche in Engführung l’utopia di una lingua che salva; «Dunque / resistono ancora dei templi. Una / stella / manda certo ancora luce. / Niente, niente è perduto». Ma le cattive recensioni a Sprachgitter e l’esplosione dell’affare Goll precipiteranno di nuovo il poeta rumeno nell’incubo di un passato che non si lascia rimuovere, di un silenzio che è solo «cenere» e «notte».





In copertina: Jean-François Millet, La nuit étoilée, 1850-1865