La parola silenzio, in un disegno di Claudio Parmiggiani, impressa su quelle che appaiono le pareti di uno spazio che potrebbe essere una qualsiasi stanza, un nostro qualsiasi luogo. Pareti che si fanno cassa di risonanza di un’assenza di suono, di un’eco muta.

La parola è scritta, il silenzio è lì, fissato. Noi leggiamo, leggiamo la parola silenzio e leggendola la pronunciamo, forse silenziosamente, forse a voce alta, ma sarà una parola con un suono diverso dalle altre, un sibilo che si fa sentire per zittire tutto il resto.
Dico silenzio, come la sola e unica parola udibile prima di un’assenza di parole, prima che altri suoni o altre parole non possano far altro che rimbalzare e scontrarsi contro queste pareti. Il silenzio occupa lo spazio, non c’è più spazio. Queste pareti vuote ci dicono che non possono accogliere altro, lo spazio è pieno, riempito, di un suono che dice l’assenza di suono.
Lo vedo questo suono, è una parola breve, una figura sottile come il tratto di una matita. Un’immagine disparente, ma che resiste, oltre la cancellazione. Fa ciò che fa un’eco, si fa sentire scomparendo, lascia nell’aria l’impronta del vuoto di parola.

Questo testo elabora alcune riflessioni sull’opera e gli scritti di Claudio Parmiggiani contenute in Vega Tescari, En suspens. Scenari di tempo. Marguerite Duras, Claudio Parmiggiani, Luigi Ghirri, prefazione di Antonella Anedda, corsiero editore, Reggio Emilia, 2018. In silenzio a voce alta, è peraltro il titolo di un’esposizione di Claudio Parmiggiani e il silenzio torna come dimensione e concetto in molte delle sue opere e dei suoi testi.
In copertina: Claudio Parmiggiani, Collège des Bernardins, Parigi, 2008 (vista dell’installazione)