Petr Král, la carne sognante

Quello che segue è l’estratto di un testo di Petr Král intitolato “Fatty, ovvero la carne sognante”. Lo trovate completo sulla rivista «Griffithiana», n. 29-30, 1987 (tradotto da Annamaria Cautero). Compare in un libro da lui scritto: Le Burlesque ou parade de somnambules (Stock, Paris, 1986).

Scopro solo oggi la sua scomparsa, avvenuta nel giugno di quest’anno. Nato a Praga nel 1941, si era trasferito a vivere a Parigi nel 1968. Prossimo ai surrealisti, Král è stato poeta, saggista, scrittore, traduttore, sceneggiatore; ma anche insegnante, commesso in un negozio di fotografia. Nel 2006 era tornato a vivere a Praga. Oltre a comporre raccolte poetiche, o curare antologie (ad esempio quella sul Surrealismo in Cecoslovacchia), ha scritto probabilmente i più bei libri sul cinema burlesque: Le Burlesque ou Morale de la tarte à la crème (Stock, 1984) e Le Burlesque ou parade de somnambules (Stock, 1986). Attendono ancora di essere tradotti in Italia.

Di Petr Král in italiano si possono leggere alcune poesie tradotte dal ceco (Annalisa Cosentino) e dal francese (Massimo Rizzante). Sono state pubblicate su «Testo a fronte», 36, 2007, pp. 126-153. Segnaliamo anche l’antologia Tutto sul crepuscolo, edita da Mimesis nel 2014. Nel 2017 la casa editrice Miraggi ha pubblicato il suo libro di prose poetiche Nozioni di base (tradotto da Laura Angeloni).

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«Il primo film di Fatty che ho visto si intitolava, mi pare, A Desert Hero (1919). L’impressionante pacco di ciccia che ricopriva il ruolo di protagonista – e il cui nome era Roscoe Arbuckle – si lanciava all’improvviso da un  treno, sul quale viaggiava come passeggero clandestino, per ritrovarsi tutto solo in mezzo a un deserto roccioso.

Avvicinatosi all’obiettivo fino ad un piano ravvicinato, puntava per la prima volta su di me quei suoi occhi rotondi, apriva la bocca imbronciata in una smorfia di disgusto, e sputava verso la macchina da presa pezzetti di materia biancastra di cui niente, nemmeno le didascalie del film, mi ha permesso di identificare la natura.

A tutt’oggi non sono riuscito a saperne di più. Avrebbe potuto trattarsi di pop-corn ma digerito, di cristalli di sale – Fatty soffriva chiaramente la sete – o dei pezzetti disseccati della sua lingua o dei suoi polmoni; oppure – chi lo sa? – di mucchietti di silenzio depositatisi su quel corpo voluminoso durante le sue solitarie peregrinazioni. O, semplicemente, avrebbe potuto trattarsi di minuscoli brandelli di pellicola, che i vecchi film disperdono, e che, in questo caso, provenivano dal comico stesso? Tutto è possibile, ma nulla è certo. Lo stesso si potrebbe dire di un’altra pellicola, The Alarm, che ho visto ormai “adulto”: quando, alla fine, il comico – sempre con espressione di disgusto – si ficca una mano fra i capelli, lo spettatore non può che chiedersi con terrore, cosa diavolo ne tirerà fuori. Escrementi di uccello? Briciole misteriosamente raccattate nella rissa di poco prima? O un pezzo della sua stessa pelle, tanto per assaggiare? Perché, certamente, l’assaggerà, quale che sia quest’enigmatica materia. Fatty, letteralmente, non si tira indietro di fronte a nulla»

In copertina: Roscoe ‘Fatty’ Arbuckle

scrive, traduce e svolge attività di programmazione cinematografica. È interessato alle frontiere disciplinari. Collabora con la Cineteca di Bologna, per la quale ha curato il dvd “Histoire(s) du cinéma” di Jean-Luc Godard, oltre che rassegne su diversi filmmaker. Il suo ultimo libro si intitola “Copie originali. Iperrealismi tra pittura e cinema” (Johan & Levi, 2014).

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