Atlantico

29/08/2020

Cari amici di Antinomie,

in questo tempo di graduale allentarsi del confinamento, o di confinamento relativo, vi scrivo di fronte all’Atlantico.

Mi trovo ai confini della Terra, e penso a Emily, colei che, reclusa, ha cantato l’infinito:

Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero

d’un infinito di mari
non visitati da riva
il mare stesso al mare fosse riva
questo è l’eternità.

As if the Sea should part
And show a further Sea —
And that — a further — and the Three
But a presumption be —

Of Periods of Seas —
Unvisited of Shores —
Themselves the Verge of Seas to be —
Eternity — is Those —

(La traduzione della poesia di Emily Dickinson è di Margherita Pieracci, ed è tratta da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Meridiani Mondadori, Milano 1997)

Tomas Maia

Si è formato in Arti Visive (Lisbona), Letteratura (Parigi), Filosofia (Parigi e Strasburgo). Insegna alla Facoltà di Belle Arti dell'Università di Lisbona. Ultime mostre: "Parlatório" (con André Maranha), Ar.Co (Lisbona, 2018); "Chama", CAV (Coimbra, 2019); ultime pubblicazioni: "O Olho Divino. Beckett e o Cinema", Documenta, 2016; "Res Prima", con Manuel Rosa, Documenta / C. M. Famalicão, 2019.

English
Go toTop