Ecco Bozouls, un buco a ferro di cavallo – 400 metri di diametro e 100 metri di profondità. Un meandro scavato da un’erosione millenaria, con un fiumiciattolo  sul fondo. L’acqua è la vera artefice di questo paesaggio di roccia calcarea. Sullo sperone sorge una chiesa del XII secolo abitata da pipistrelli (qui li chiamano “topi calvi”), e poco lontano ci sono pure le gole dell’inferno. Insomma, una gita poco rassicurante malgrado il bel tempo.

Del resto proprio oggi, secondo gli antichi Romani, si spalancava una fossa circolare scavata nella roccia al centro della città. Da quelle viscere tornavano sulla terra le anime dei defunti che rendevano visita ai vivi. Mundus patet, la terra si schiude; che poi loro chiamavano mundus pure il cielo, boh.

A conti fatti era una giornataccia, caotica e nefasta, da fine del mondo.

Che fossero in realtà i gorgoglii della terra – una voce geologica – che i nostri antenati prendevano per il lamento spettrale degli zombie? O avevano ragione loro?

Ti volevo dire comunque che, scendendo oggi nel canyon di Bozouls, ho avuto un pensiero per l’anima de li mortacci nostri – nonni, zii, cugini, amici stretti – ma di loro neanche una voce per dire che va tutto bene. In fondo alla gola giusto il raglio di due asini accaldati che si strofinavano il dorso sulla roccia friabile.

insegna Teoria e storia dell'arte all'università Panthéon-Sorbonne di Parigi. Attraversa spesso i confini – non solo geografici – tra la Francia e l’Italia e, a volte, quelli transatlantici. Collabora con la Fondazione ICA di Milano, scrive per cataloghi di mostre, pubblicazioni accademiche e non, cartacee e digitali, tra cui “Artforum”, “Alias - Il Manifesto”, “Flash Art”, “doppiozero”. Armato di matita, stila spesso liste di progetti accarezzati, fattibili o chiaramente implausibili.

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