L’artista fiorentino Lanfranco Baldi era l’autore di un’opera che aveva come titolo Un pezzo di Marocco. Fra le altre cose, Lanfranco scriveva cartoline il cui testo si limitava al Caro seguito soltanto dal nome del destinatario e da nient’altro – faceva eccezione il luogo e la data.

Pensando alle cartoline che negli anni settanta Lanfranco spediva agli amici, mi sono ricordato di una cartolina che uno dei migliori amici di mio padre, un industriale olandese, Adriano Stokkermans, gli spediva in quegli anni. Una delle sue ultime cartoline, mio padre, la ricevette dal Marocco – dove entrambi avevano amici e in cui, qualche anno dopo, si sarebbe avventurato con mia madre in un lunghissimo viaggio.

Adriano e mio padre adoravano i ristoranti. La cartolina dal Marocco mostrava, non a caso, la tavola imbandita di un lussuoso restaurant di Casablanca, fra astici giganti, prelibatissimi cibi e una schiera di cuochi d’alto rango con cappelli tanto elevati da ricordare le figure di certi affreschi di Piero, dai copricapi simili a grattacieli.

Se ricordo, sul retro, in un italiano un poco incerto, gli scriveva: «Caro Gianfranco, cosa tu pensi? Bravo, pensato bene!».

Frugando nel cassetto, invece della cartolina che cercavo, ne ho trovata un’altra, ancora mai vista, che un amico marocchino di mio padre gli spediva nel 1983.

Non avendola mai letta è stato come riceverla adesso, dopo quasi quarant’anni. In questo caso, riguarda anche me, dato che a suo modo estende i suoi saluti a tutta la famiglia. Dico a suo modo perché il testo recita così:

AMIGO Franco
timando questa
carta et temando
tanto salutice
a te e la Grazia
et a tuti le
famelici

La cartolina non è firmata. Certamente il premuroso amico voleva dire la famiglia, ma resta il dubbio che davvero avesse voluto dire «famelici». Mi sono anche chiesto che opinione avesse di me e di mia sorella – che eravamo il resto della nostra famiglia – e se all’epoca meritassimo davvero tale appellativo – famelici e mordaci come molti figli preadolescenti, ai quali è più conveniente buttare un osso prima di aprire il cancello di casa…

Paolo Emilio Antognoli

Storico dell'arte e curatore indipendente. Ha curato numerose mostre, edizioni di testi e cataloghi. Attualmente cura come guest curator la mostra dedicata a "Gianni Melotti / L'avventura dell'arte nuova" presso la Fondazione Licia e Carlo Ludovico Ragghianti di Lucca. Ha pubblicato il saggio "Firenze 1977: Luciano Bartolini, Michael Buthe, Klaus vom Bruch, Martin Kippenberger, Marcel Odenbach, Anna Oppermann, Ulrike Rosenbach &tc. Materiali su Artisti Italiani e Tedeschi a Firenze e a Villa Romana attorno al 1977 (1976-78)", per Archive Books Berlino (2015). Ha insegnato teoria e storia del restauro. Ex co-curator a Villa Romana - Firenze. Co-fondatore a Lucca di Pavillon social ~ Kunstverein, non profit per l’arte contemporanea. Si occupa dei territori di confine fra arte, letteratura, fotografia, design, architettura e movimenti storico-culturali post-1968. Vive attualmente tra Lucca e Bruxelles.

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