Sant’Arcangelo, 29.VII.20 e qualche giorno dopo
Caro Marco,
doveva essere l’alba per leggere il tuo scritto dentro Rubina Giorgi. Leggerlo nel cominciamento, nel sorgivo, nella sterminatezza della luce. E sono le tue parole a farsi testimone. Risplendendo l’incertezza che rende umani. Tutto rimane profondo nell’essere al mondo. Poiché esterno e interno abitano lo stesso piano, e ciò che siamo non è se non nel verbo che coniuga la vita nel tempo dell’impossibile. Ho l’impressione di muovermi dentro un pantano dove la lingua non ha ancora la possibilità di corrispondere allo sforzo compiuto. Bisogna aspettare anni, talvolta dimenticando, affinché l’istante che ci ha segnato ritrovi il corpo della sua voce.
Ti stringo,
Domenico
p.s. Abbracciami Lucetta
