Parole

Come stesa ad asciugare al vento un’immagine si apre un varco non solo verso gli occhi e la visione, ma anche verso la bocca e il linguaggio.

Il dirsi dell’immagine stessa che affiora come da un vuoto, da un nulla, dal buio.

Cinque lettere bianche su sfondo nero. Come la prima parola mai pronunciata. Il dirsi della parola stessa. Come se ogni parola fosse e annunciasse un inizio, un’origine. Come se prima di tutto ci fosse la parola, e non solo la parola, ma la parola stessa per dirla.

Non è solo lo sguardo che apre un’immagine e non basta lo sguardo per il suo persistere in uno spazio più profondo della rètina.

Un’immagine ci attraversa traghettando con sé le parole che la dicono. Parole che lei stessa pare scegliere per noi, prima ancora che se ne tenti una lettura.

Parole aprono l’immagine, la percorrono. L’immagine esiste e resiste appesa alle parole che l’attraversano, la pensano, la dicono. Sta già parlando con se stessa quando il nostro sguardo la incontra.

Guardandola, leggiamo e ascoltiamo “parole” che risuonano dentro di noi come echi da una traversata che ci precede.

L’immagine ci fa parlare e a volte ritroviamo le sue parole.

* Robert Frank (Zurigo, 1924 – Inverness, 2019) fotografo svizzero naturalizzato statunitense. The Americans (1958) è tra i suoi libri fotografici più noti. Nella sua opera compaiono dimensioni metafotografiche, come pure immagini in dialogo con l’orizzonte della parola e della scrittura.

Immagine di copertina: Robert Frank, Words, Mabou, 1977 © Robert Frank

Scrittrice e docente all'Università della Svizzera italiana. Si occupa di relazioni tra arti visive, letteratura e filosofia, con una particolare attenzione agli orizzonti della temporalità e della spazialità. È autrice di testi saggistici ("En suspens. Scenari di tempo", corsiero editore 2018) e letterari ("Come", Cronopio 2018) ed è membro di IAWIS/AIERTI (International Association of Word and Image Studies).

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