«Questo matrimonio non s’ha da fare, né domani né mai!» tuona all’orecchio del pavido Don Abbondio il bravo, su mandato dal despota Don Rodrigo; parafrasando I Promessi Sposi, oggi la celebre imposizione si trasforma in: «Questo prestito non s’ha da fare, né domani né mai!». Dove Renzo Tramaglino e Lucia Mondella sono, a seconda delle circostanze, opere d’arte, Musei, Direttori e Comitati, ma soprattutto il pubblico dell’arte, la collettività. Resta da stabilire chi siano l’Abbondio e il Rodrigo di turno.
Proseguiamo con ordine. L’opera contesa è l’olio su tavola di Raffaello raffigurante Papa Leone X tra i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi (suoi cugini), inviato in sua vece dallo stesso Pontefice a Firenze, nel 1518, alle nozze del nipote Lorenzo duca di Urbino con la nobildonna francese Madeleine de La Tour d’Auvergne (parente del re di Francia Francesco I; dall’unione nacque Caterina de’ Medici), non potendosi parteciparvi di persona. L’opera, che sarà nella magnifica grande mostra su Raffaello alle Scuderie del Quirinale dal 5 marzo,è stata data in temporanea cessione dagli Uffizi per decisione del suo direttore Eike Schmidt, provocando le ire e dimissioni del suo Comitato Scientifico che aveva invece dichiarato l’opera – in una riunione del 9 dicembre scorso, con unanimità e verbale a ratificare – inamovibile dalla sua sede originaria. La scelta dei membri di questa commissione, composta da Fabrizio Moretti, Donata Levi, Claudio Pizzorusso e dall’onnipresente Tomaso Montanari, è stata ufficializzata in una lettera agli enti che l’avevano nominata (il Ministero dell’Università e il Comune di Firenze), nella quale, tra altre recriminazioni, riportavano gli sforzi profusi da mesi per stilare un elenco di opere appunto inamovibili, e dunque rilevando l’inutilità di un lavoro tenuto in nessuna considerazione dal Direttore, il quale avrebbe deciso autonomamente rispetto agli esperti. Due sono le liste rese dal Comitato: di opere del fondo principale dei vari musei delle Gallerie, e di altre conservativamente fragili, in entrambi i casi da non spostare assolutamente dalle rispettive prime sedi.
Un altro Comitato scientifico però, quello della mostra romana – composto tra gli altri da Francesco Paolo Di Teodoro, Vincenzo Farinella e Sylvia Ferino –, sostiene invece come il Ritratto in questione benefici di un’ottima salute soprattutto dopo il restauro dell’Opificio delle Pietre Dure, finanziato da Lottomatica, e che si possa quindi presentare in una sede espositiva «in diretta relazione con la presidenza della Repubblica e, dunque, luogo di tutti gli italiani». Insomma Eike Schmidt ha agito con spirito patriottico e preoccupazione filologica. Anche perché gli Uffizi sono co-organizzatori della retrospettiva romana: quindi che senso avrebbe un auto-ostruzionismo? Lo stesso Direttore ha sottolineato come solo tre anni fa, quindi prima del restauro, in occasione di un’altra mostra il dipinto fosse statomandato proprio alle Scuderie del Quirinale, e che allora nessuno aveva avuto niente da ridire: lamentando che «oggi, evidentemente, qualcuno aveva voglia di visibilità a spese di Raffaello e dell’orgoglio italiano». Ha inoltre ricordato che la lista delle opere che non si possono spostare dagli Uffizi è stata resa«in chiara risposta all’articolo 66 comma 2 codice dei Beni culturali, che disciplina l’esportazione dei Beni artistici fuori dal territorio nazionale» e che «Roma non solo si trova all’interno dell’Italia, ma ne è la Capitale».

Dettagliare tutti i passaggi di questa guerra interna è qui relativamente utile (rimandiamo agli articoli del 25 febbraio su «la Repubblica»). Resta il dubbio su dove arrivi lo scontro per e tra competenze e dove quello per e tra poteri; tra la pratica del fare e quella dell’immobilismo. Numerosi sono stati negli ultimi anni conflitti analoghi e simili opposizioni guelfoghibelline, come quello relativo al caso dell’inestimabile Uomo vitruviano leonardesco. Conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, è stato concesso al Louvre dopo una prima sospensione del prestito su richiesta presentata da Italia Nostra al TAR del Veneto, che ha poi respinto il ricorso permettendo che il capolavoro fosse esposto nella grande mostra per le celebrazioni del 500° anniversario della morte di Leonardo (alla quale però mancava, dall’Italia, l’Annunciazione degli Uffizi).
Ancora un esempio. Si ricorderà la controversia tra il MIBAC e Sylvain Bellenger, direttore del museo di Capodimonte, per il prestito delle Sette opere della Misericordia di Caravaggio, custodite nella Chiesa del Pio Monte della Misericordia e richiesta dalla mostra Caravaggio a Napoli tenutasi la primavera scorsa appunto a Capodimonte. La risposta fu un diniego fermo del Ministero, con relativa petizione a sostegno della scelta del Museo e finale salomonico: due sedi per un’unica esposizione, una navetta di collegamento, ticket integrato e quasi tutti contenti, trasformando criticità, sospetti rendite di posizione in gioco, in un’opportunità, compresa una finalmente decente illuminazione del capolavoro di Caravaggio in una sede prima scarsamente ottimizzata ad hoc.
Ci rendiamo conto della delicatezza della questione, e dei rischi che ogni prestito, e quindi spostamento, di capolavori dell’arte possa comportare, ma arroccamenti che pongano dinieghi a prestiti, a meno che non siano davvero nocivi alle opere, ci sembrano strumentali e dannosi per la divulgazione scientifica. Lamentiamo normative complesse e contraddittorie: deroghe possibili oppure impossibili a seconda dei casi, competenze incerte; ricorsi al TAR e simili; doppiopesismi locali e nazionali; procedure variabili, con facoltà di continue riorganizzazioni ministeriali e persino “congelamenti”.
Ci domandiamo, soprattutto, sino a che punto il «carattere identitario» di un’opera – che quindi, come da specifica giurisprudenza, la vincola alla sede stabile – sia davvero tale e se non sia in contrasto con un più ampio e democratico «carattere» condiviso, come patrimonio culturale dell’umanità. La tutela e la valorizzazione dei Beni Culturali non sono due necessità contrapposte ma devono e dovranno sempre più essere in sinergia. Non è a questo che deve contribuire il nostro Patrimonio?