Marcello Rumma, ritorno a Napoli

È in un’atmosfera dalla luce soffusa, assorbita dal grigio delle pareti e del pavimento, che si dispiega la mostra dedicata a Marcello Rumma dallo storico dell’arte Gabriele Guercio e dal direttore del MADRE Andrea Viliani. L’allestimento, piuttosto severo, attira lo spettatore nella penombra: in un’aura quasi dolente che avvolge le opere attenuandone la brillantezza e la stessa visibilità. Così i curatori hanno voluto alludere al mistero della scomparsa di un giovane di ventotto anni, e all’incompiutezza del suo percorso.

Intellettuale, editore, collezionista e ideatore di mostre, Marcello Rumma (1942-1970) fu una figura centrale della scena letteraria e artistica degli anni Sessanta. La mostra I sei anni di Marcello Rumma 1965-1970 (aperta sino al 30 aprile) ricostruisce la sua traiettoria, breve quanto folgorante, senza cadere nelle secche dell’agiografia. Sui due piani del museo napoletano, un percorso cronologico scandito da rari documenti d’archivio (lettere, fotografie, libri…) e da opere d’arte per lo più appartenenti alla collezione della gallerista Lia Rumma, sua moglie, e in qualche caso arricchite da prestiti provenienti da istituzioni italiane e straniere, presenta gli incontri, le scelte e le fedeltà di Marcello Rumma.

Sin dalla prima giovinezza s’interessa di letteratura e d’arte, fondando nel 1965 la rivista «Il Ponte», che accolse critici e poeti italiani (Edoardo Sanguineti) e francesi (Alain Jouffroy, José Pierre). Ma sostiene in pari tempo il lavoro di galleristi (Lucio Amelio, Fabio Sargentini…), collezionando i migliori artisti della sua generazione, fra i quali Mario Ceroli, Piero Gilardi, Pino Pascali, Mario Schifano e Paolo Scheggi, coi quali entra in contatto facendo visita ai loro studi e acquistando i loro lavori. Le prime sale della mostra, con la selezione di questi artisti, hanno per il visitatore il valore di una dichiarazione d’intenti. Ma l’attività di Marcello Rumma è soprattutto conosciuta per tre mostre-evento: la Rassegna d’arte internazionale da lui organizzata all’Arsenale di Amalfi tra il 66 e il ’68. Le prime due edizioni furono dedicate quasi esclusivamente alla pittura; la prima, intitolata Aspetti del “ritorno alle cose stesse”, fu affidata a Renato Barilli, il quale propose una sorta di “stato dell’arte”, appunto della pittura, in Italia (Tano Festa, Giosetta Fioroni, Laura Grisi…); la seconda, cui venne dato il titolo L’impatto percettivo (per le cure di Alberto Boatto e Filiberto Menna), si aprì a contesti pittorici più ampi (Roy Lichtenstein, Victor Vasarely, Frank Stella…). Ma l’edizione oggi più ricordata dagli storici dell’arte fu senz’altro l’ultima, Arte Povera più Azioni Povere, che Marcello Rumma affidò al giovane critico Germano Celant e che riunì quelli destinati ad affermarsi come i protagonisti di un’avventura artistica memorabile: fra i quali Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Mario e Marisa Merz, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto…

Quei tre giorni di mostra e appunto di azioni e dibattiti, che si svolsero nella città e sulla spiaggia di Amalfi i primi giorni dell’ottobre ’68, furono il teatro in cui s’illuminò il fervore artistico e intellettuale dell’Italia di allora, incontrandosi grazie all’iniziativa di Piero Gilardi – il quale svolgeva a quel tempo un ruolo importante, nel campo della critica d’arte – con giovani artisti stranieri (Jan Dibbets, Richard Long, Ger van Elk) a quel tempo del tutto sconosciuti nella Penisola, ma i cui interessi di ricerca poterono così incontrarsi con quelli degli omologhi italiani.

La mostra di Napoli non intende ricostruire nel dettaglio questi tre eventi distinti, ma grazie ai documenti d’archivio e alle opere selezionate consente di conoscere, e comprendere nel loro contesto, questi tre momenti d’arte che ebbero luogo al di fuori delle istituzioni museali italiane, a quel tempo assai poco inclini a documentare l’attività strettamente contemporanea. Personaggio indipendente dal sistema dell’arte, Marcello Rumma fondò anche una sua casa editrice, che pubblicò non solo i cataloghi delle mostre di Amalfi ma anche testi letterari (Jean Paulhan) e artistici (Duchamp, Pistoletto).

Si attende ora con impazienza la pubblicazione del catalogo della mostra: destinato a colmare quella che è al momento una lacuna editoriale su questo protagonista, fra i maggiori dell’arte italiana degli anni Sessanta.

(uscito il 7 gennaio nell’edizione francese di The Art Newspaper Daily; traduzione di A.C.)

è una storica dell'arte, critica d'arte, curatrice e docente all'Università di Strasburgo dove insegna Storia dell'arte contemporanea. Le sue ricerche si focalizzano in particolare sull’arte italiana del secondo novecento. Dal 2007 al 2014, è stata responsabile della rubrica Arti visive della rivista « Mouvement ». Autrice di numerosi libri, testi e articoli sulla scultura moderna e contemporanea e la multidisciplinarietà artistica, le sue ricerche affrontano la storia dell'arte con una concezione aperta. Nel 2014 e nel 2015 è stata invitata come curatrice invitata dal Centre Pompidou per le nuove edizioni di Vidéodanse (« Oublier la danse, Le corps en jeu ») nell'ambito del Nouveau festival. Tra le sue numerose pubblicazioni: « Ecrits de Lucio Fontana » (Les presses du réel 2013), « Pino Pascali : retour à la Méditerranée » (Les presses du réel 2015), « Fabio Mauri. Le passé en actes/ The Past in Acts » (Les presses du réel 2018), « Arte Povera, hier et aujourd’hui » (Les Cahiers du Musée national d’art moderne 143, primavera 2018), « Germaine Richier, la magicienne » (Hazan 2019) mostra che ha curato al Museo Picasso di Antibes.

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